La nave morta

Molto bello. Un romanzo che, con l'avventura, suscita meditazione. La dignità del protagonista è sempre al di sopra del mondo che gli sta attorno e, in questo, è attuale.

Il mare, i porti, le navi morte (clandestine) non sono che un pretesto, una metafora nell'estetica del romanzo, dietro cui si cela la raggelante percezione della condizione umana: si esiste solo se si può dimostrarlo. Un concetto paradossale e terribile che ancora oggi rappresenta la realtà di tanti esuli in terre straniere che non possiedono documenti in grado di dargli un'identità, un volto, il diritto di esistere al pari di ogni altro essere umano.

Mi aspettavo molto di più da questo libro, non è male ma, a differenza dei grandi libri del passato, risulta datato (gli appelli al socialismo e all'egualitarismo fanno molto socialismo della prima ora) oltre che improbabile. Andava bene come racconto di 20-30 pagine, siccome si trascina per 400 pagine, risulta un po' stancante e ripetitivo (le storie di tutti i marinai che finiscono su queste navi morte sono identiche e poco caratterizzate). Unico pregio, la descrizione molto realistica della vita su queste "carrette" negli anni 20. Diciamo che tra i libri di mare c'è molto di meglio (Conrad, Melville, Izzo)