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Mozart. Un mese a Venezia - Paolo Cattelan - copertina

Dettagli

2000
7 aprile 2000
304 p.
9788831765954

Voce della critica


recensioni di Emanuele, M. L'Indice del 2000, n. 10

A quindici anni, durante il primo dei suoi tre viaggi in Italia, Mozart passa un mese a Venezia e un paio di giorni a Padova, dove riceve la commissione della Betulia liberata, il suo unico incontro con un'azione sacra di Metastasio. Per dare profondità all'esperienza veneziana del compositore, Cattelan cuce e organizza diversi contributi inediti, frutto di anni di ricerca. Ne scaturisce una mappa concettuale, un insieme di percorsi, un libro di "tracce" (Marc Bloch viene citato nelle prime pagine e nel corso del saggio), secondo l'assunto che i luoghi sono i depositi della storia. Un aspetto oscuro della biografia di Mozart viene raccontato attraverso le vicende della gente che ha incontrato, dei luoghi in cui ha vissuto, delle opere che ha scritto o ascoltato. Sono molte le prospettive che si aprono, diversi i tagli con cui viene affrontata la materia, tanto che il libro si configura come un panorama di metodi della musicologia contemporanea. C'è la scrupolosissima ricerca d'archivio, che presenta fonti di prima mano o secondarie, trascurate dalla musicologia - si veda il ricorso all'epistolario fra Johann Adolf Hasse e Giammaria Ortes, intellettuale, matematico e appassionato di musica veneziano, ora disponibile nell'edizione curata da Livia Pancino (Brepols, Turnhout 1998). C'è la ricostruzione filologica del testo, non esclusa l'analisi grafologica, cui si affiancano due stimolanti affondi di storia dei generi musicali: un profilo sulla farsa veneziana pre-ottocentesca; le azioni sacre metastasiane e la "rinascita" oratoriale degli anni settanta del secolo, letta in senso antagonistico rispetto al melodramma, corredata da un tratto di storia dell'oratorio settecentesco a Venezia e a Padova. Ci sono analisi stilistiche e semiologiche dei testi musicali, ma è anche presente l'approccio in prospettiva di gender studies, con numerose microbiografie di personalità femminili testimoni di un modo orientato, sessuato, di intendere e comunicare l'esperienza musicale, a volte come riflesso di oppressione maschile subita o combattuta. Si aggiungano gli inserti d'ordine socioeconomico, di storia materiale della musica.
È costante l'attenzione ad alcuni aspetti trasgressivi, non ufficiali, di una storia sommersa della pratica musicale: una storia "riservata". La seconda delle tre parti del saggio è centrata sull'elitaria congrega di musicisti e mecenati padovani con cui Mozart entra in contatto, "l'empia compagnia" raccolta attorno al compositore, violinista, teorico e didatta Giuseppe Tartini. Morto da poco, la sua presenza ingombrante e fascinosa aleggia sugli incontri di Mozart. Vengono tratteggiate con precisione anche altre figure di "ritirati": il compositore Giovanni Ferrandini, il mecenate Giuseppe Ximenes e il castrato Gaetano Guadagni. Alle pagine di impronta biografica puntualmente si accompagnano sintesi di carattere sociologico, per dare spessore storico al dato erudito.
Al milieu padovano riconducono le pagine sulla "Vedova", l'elettrice di Sassonia Maria Antonia Walpurgis, compositrice, librettista, mecenate di artisti e musicisti, che "rielabora in arte il proprio disagio di donna-regnante". Essa presenzia il "concorso" dei tre giovani musicisti impegnati a intonare lo stesso testo di Metastasio, che diventa non solo un'apologia della "Vedova", nella quale si incarnano le virtù della biblica Giuditta, "il suo solitario coraggio di fronte al disfacimento dei valori pubblici della convivenza civile, la sua fede nel futuro che comincia da un atto di trasformazione estetica della realtà", ma anche il riflesso dell'ideologia dei "tartiniani", della loro scelta del privato come alternativa al pubblico. L'"intelligenza collettiva" del gruppo, le sue attese culturali e i suoi gusti, contribuiscono a definire il contesto in cui nacque l'oratorio mozartiano, che a sua volta risulta un compendio di diverse "immagini sonore", una sorta di ritratto di Venezia, un omaggio affettuoso alla città (l'aria con coro di Ozia).
La ricostruzione di percorsi e di vicende biografiche e intellettuali è ricca di risultati: i fili si annodano da un capitolo all'altro, a volte inaspettatamente, sul ritmo di una narrazione piacevole. Si legga l'attacco del capitolo in cui l'autore individua la casa veneziana in cui soggiornarono i Mozart, col pievano della chiesa di San Paternian che si mette in marcia per redigere il censimento del territorio della sua parrocchia, incerto sui confini e imbarazzato quando inevitabilmente incontra le meretrici di corte Veniera. Con piglio da detective, l'autore decifra l'indicazione mozartiana "casa Cavalletti" come Ca' Falletti, un tempo abitata dal sedicente conte Falletti, blasfemo, libertino, bandito da Venezia. L'aneddotica ricostruita non è fine a se stessa, ma spinge Cattelan ad alcune garbate considerazioni sulle responsabilità di scelte di struttura drammatica nel capolavoro futuro: è possibile "che il Don Giovanni sia il frutto di una storicità vissuta (non di una vera e assoluta storicità), che un nesso di memoria (...) sia stato in grado di funzionare come principio attivo di elaborazione di una nuova drammaturgia del mito". Anche dall'aneddoto e dall'intrico del labirinto urbano, vero spazio scenico, giungono suggestioni per una ricerca: "quanto l'opera settecentesca (...) si è tacitamente ispirata al teatro dei fatti, alla realtà catturata nelle drammaturgie processuali, nelle cronache del suo tempo, come molto cinema 'd'oggi'?".

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