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La Mosca della rivoluzione - Manuel Vázquez Montalbán - copertina
La Mosca della rivoluzione - Manuel Vázquez Montalbán - 2
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Mosca della rivoluzione

Descrizione


Vazquez Montalbàn percorre ogni angolo di Mosca, partendo dagli edifici e dalle vie, per tracciare il grande affresco di settant'anni di storia, dalla presa del Cremlino alla perestrojka. Vediamo stratificarsi l'una sull'altra diverse città: la vecchia Mosca zarista travolta dalla rivoluzione, i sogni e le utopie architettoniche e urbanistiche delle avanguardie nei primi anni del nuovo regime, la monumentalizzazione in gran pompa del periodo staliniano, il grigiore degli ultimi anni. Vengono rievocati personaggi grandi e piccoli del comunismo sovietico.
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Dettagli

1995
27 ottobre 1995
216 p.
9788871081250

Voce della critica

WAUGH, EVELYN, Quando viaggiare era un piacere

MONTALB N, MANUEL V ZQUEZ, La mosca della rivoluzione

LESSING, DORIS, Sorriso africano
recensione di Giovannone, G., L'Indice 1996, n. 6

Il contrasto tra il libro di Waugh e quelli di Doris Lessing e Montalb n costituisce una prova eloquente della trasformazione profonda che non solo la letteratura, ma l'idea stessa del viaggio ha subito dagli anni trenta ad oggi. "When the Going was Good" fu pubblicato nel 1946 ma raccoglieva appunti relativi ai viaggi compiuti inMedioOriente, Africa, Brasile e Abissinia tra il1929 e il1935, l'ultima stagione di un genere letterario soprattutto inglese nato tra la fine del Settecento e i primi dell'Ottocento con la moda del "Grand Tour". Come Paul Fussell e Claude Lévi-Strauss hanno definitivamente dimostrato, dopo la seconda guerra mondiale e nell'epoca del villaggio globale è diventato impossibile continuare a viaggiare o a narrarne con l'ingenuità, la curiosità, lo sguardo del viaggiatore ottocentesco.Una prospettiva che si può considerare simbolicamente chiusa con "The Road to Oxiana" (1937) di Robert Byron, anche se Paul Theroux e Bruce Chatwin costituiscono un'ingombrante eccezione alla teoria secondo la quale non si possono più scrivere racconti di viaggio perché tutti hanno visto tutto, perlomeno in fotografia, in video o on-line.Vedremo come la Lessing e Montalb n abbiano tentato di re-inventare un genere dagli spazi sempre più ristretti.
Ma intanto occorre affrettarsi ad aggiungere che l'accostamento del libro di Waugh a "La via per l'Oxiana" è del tutto fuorviante. Paradossalmente, anzi, "Sorriso africano" o "La Mosca della rivoluzione" appartengono alla letteratura di viaggio più di "Quando viaggiare era un piacere", un libro spassosissimo ma più vicino alla fiction che alla diaristica. Del resto l'autore precisa che "uno scrittore non può accontentarsi di lasciare una qualunque esperienza in quello stato amorfo e casuale in cui la vita ce la presenta". Un'affermazione che riecheggia le parole di Wordsworth sulla necessità di "colorare di immaginazione" le esperienze della vita quotidiana, che dovrebbero essere presentate al lettore in modo insolito, sorprendente. Ma in molti casi l'umorismo, il nonsense dei dialoghi, le descrizioni al vetriolo di indigeni e compagni di viaggio sono talmente fulminanti da far nascere il sospetto che personaggi e situazioni siano inventati di sana pianta. Si veda in particolare il terzo capitolo, dove i tentativi di fuggire dal cuore dell'Africa, gli incredibili ostacoli, i dialoghi surreali danno luogo ad una esilarante serie di gag degne della migliore comedy.Il libro di Waugh si inscrive in quel particolare filone inaugurato dallo Sterne del "Sentimental Journey" a cui in parte si rifà il Dickens del "Viaggio in Italia": resoconti svagati, fortemente idiosincratici, con un'attenzione maniacale per il particolare bizzarro, il bozzetto pittoresco o decisamente umoristico e, soprattutto per Waugh, una sovrana indifferenza per la storia, la cultura, l'arte dei paesi attraversati."La mia seconda visita ad Atene ha coinciso con l'iniziazione ad un nuovo tipo di bevanda".Nient'altro.
Con Doris Lessing e Montalb n vengono meno quelle notazioni marginali - i lunghi preparativi, l'ebbrezza della partenza, le incertezze e gli aneddoti del "transito", l'emozione dell'arrivo - che in realtà erano il viaggio, ne esaurivano quasi per intero la ragion d'essere, al di là delle motivazioni conoscitive e formative messe pomposamente in primo piano.Gli scrittori contemporanei raramente accennano alle fasi canoniche del viaggio, tendono a spersonalizzare la narrazione, a occultare la loro soggettività per concentrarsi quasi esclusivamente sull'approfondimento conoscitivo, sulla demistificazione degli stereotipi culturali, sulle sedimentazioni fuorvianti dei media che impediscono alle orde di turisti che si spostano da un terminal all'altro non solo di capire ma persino di vedere quello che osservano e fotografano.
"Sorriso africano" sembra in parte sfuggire sia alla spersonalizzazione sia all'eccessiva intellettualizzazione del viaggio.Ma solo nel primo, bellissimo diario che descrive il ritorno nella Rhodesia del Sud dopo un'assenza di un quarto di secolo.Qui il racconto si snoda sul filo della memoria: l'infanzia, la giovinezza a contatto con una natura meravigliosa che ora sta scomparendo, la condizione di "indesiderata" in quanto giovane liberal impegnata sul fronte dell'indipendentismo, che il paese raggiungerà solo due anni prima del suo ritorno, nel 1982.L'amore per il paesaggio e il popolo dello Zimbabwe, il sottile disagio nei rapporti con i bianchi e il loro non scalfito senso di superiorità razziale, i racconti delle atrocità della "Guerra della Foresta" si intrecciano nei colloqui con gli amici e il fratello, dando luogo a pagine memorabili di cui forse potrà farsi un'idea chi ha letto "Il taccuino d'oro". Ma la dimensione soggettiva si attenua nei diari successivi, un'acuta, ininterrotta (e a tratti ripetitiva) serie di racconti, dialoghi, riflessioni sulle difficoltà dei paesi del terzo mondo sulla via di una contraddittoria emancipazione.
"La Mosca della rivoluzione" è un'appassionata ricostruzione storica della trasformazione della Mosca zarista nella Mosca sovietica, una singolarissima "guida" turistico-politica nella quale si possono distinguere due itinerari principali.Il primo è un pellegrinaggio che parte dal Cremlino e da una commossa visita allo studio di Lenin, attraversa la Piazza Rossa, i magazziniGum, la Nikol'skaja.Accanto al "mostruoso" Hotel Russia sopravvive una piccola chiesa che fornisce allo scrittore lo spunto per una riflessione sui rapporti tra il potere sovietico e la Chiesa ortodossa, "flessibile come un giunco" eppure incapace di arginare la distruzione di centinaia di luoghi di culto, spesso di incalcolabile valore artistico.Poi, sempre sul filo della toponomastica storico-rivoluzionaria, ci si spinge sulla piazza Dzerzinskij, all'angolo tra Via 25 ottobre e Viale Karl Marx, un cammino reso lento dal peso della storia: Dzerzinskij evoca la famigerata Lobianka, che a sua volta richiama la prigione di Lefortovo che ospitòSinjavskij e Daniel, e poi ancora ilButyrskij "al 45 di via Novoslobodskaja, anticamera dei detenuti provenienti da tutta l'Unione prima di venir spediti in Siberia".E l'Hotel Metropol, la "Casa sul lungo fiume", il museo Puskin, l'Hotel Lux dove vissero Tito, Togliatti, Malraux...
L'altro percorso è preceduto dall'analisi del rapporto tra le avanguardie artistiche e architettoniche e il potere staliniano che alla fine degli anni Trenta prese il sopravvento, spazzando via le illusioni di quanti come Wright, Le Corbusier e Gropius "seguivano l'evoluzione dell'architettura e dell'urbanistica sovietiche intese come laboratorio della città futura".Si affermò così il "classicismo di sinistra", il monumentalismo staliniano caratterizzato da un'urbanistica di blocchi di abitazioni aggiunti alla città, rivestiti tuttavia di "decorazioni cattedralizie" insieme alla realizzazione di lavori con "prestigio di classe" che hanno a Mosca il loro apogeo nella metropolitana e negli edifici singoli dello stalinismo. Ma la crudeltà estetica di questa "Disneyland tragica" non è niente rispetto alla crudeltà parallela inflitta agli esseri umani in nome della loro emancipazione."Paragonata al massacro compiuto dal terrore staliniano dal1930 al1953 tra le file politiche della rivoluzione e tra la popolazione restia ad accettare le dure misure della riconversione, la sofferenza degli intellettuali fu a malapena una frangia della tovaglia insanguinata o le briciole del festino cannibalesco".

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Conosci l'autore

Manuel Vázquez Montalbán

1939, Barcellona

Poeta e romanziere spagnolo. Ha svolto un’intensa attività giornalistica collaborando con diverse testate e in particolare con «El País». Ha raggiunto la fama con la creazione del personaggio-detective di Pepe Carvalho, sorta di ironica versione catalana di Maigret o Marlowe, avventuriero dagli spiccati interessi erotico-gastronomici, protagonista di numerosi romanzi polizieschi: da Io ho ucciso Kennedy (Yo maté a Kennedy, 1972), a La solitudine del manager (La soledad del manager, 1977), a Un delitto per Pepe Carvalho (Los mares del Sur, 1979), a Gli uccelli di Bangkok (Los pájaros de Bangkok, 1983), che ha segnato l’inizio della sua popolarità internazionale. Sono seguiti, tra gli altri, La rosa di Alessandria (La roja de Alejandría,...

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