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Recensioni Moravagine

Moravagine di Blaise Cendrars
Recensioni: 4/5
"E se invece ce la facessimo? Se la nostra opera fosse coronata dal successo?... In questo caso dovremmo demolire tutto; demolire... ah ah ah... demolire perfino la sinistra. E poi... E poi?... Alcuni proseguiranno la lotta altrove, alcuni si butteranno addirittura con entusiasmo in un'azione su scala internazionale, un'universale impresa di demolizione. Ma noi, i capi, non ne abbiamo forse abbastanza, non siamo stanchi, sfiniti? Allora dovremmo disertare, abbandonare il campo, lasciare la nostra opera ad altri, ai dissidenti, ai seguaci, agli epigoni che si impadroniscono di tutto e prendono tutto sul serio, sempre... e realizzano... decidono... comandano... nuove leggi... un nuovo ordine... ah ah ah!... No, dopo ciò che abbiamo fatto non possiamo più accettare nulla, neanche la distruzione, la ricostruzione postuma... Annientare... Bisogna riuscire a far saltare in aria il mondo intero..."

Blaise Cendrars è stato definito «il grande avventuriero della letteratura moderna». Da quando scappò di casa, a sedici anni, «la sua vita non ha fatto che cambiare rapinosamente scenari». E molteplici, e rapinosi, sono anche gli scenari che attraversiamo in questo romanzo, una botte à surprises dalla quale vengono fuori, a ogni pagina, orrori e magnificenze. A farci da guida è un doppio dell'autore, che non per caso porta il nome di un anarchico ghigliottinato nel 1913, Raymond la Science. E un doppio diabolico e allucinato dell'autore è lo stesso Moravagine, ultimo discendente di una famiglia reale, che Raymond aiuta a fuggire da una clinica per alienati e in compagnia del quale vivrà le peripezie più mirabolanti: saranno terroristi nella Russia zarista del 1905, prigionieri degli indios blu sulle sponde dell'Orinoco, volontari nei corso della prima guerra mondiale... Moravagine è la «grande belva umana», «amorale», «fuorilegge», un essere che incarna la follia e il male, che uccide «spesso per puro divertimento», di preferenza giovani donne, e teorizza che «tutto quanto è solo disordine» e che chi ha paura del disordine ha paura della vita stessa: la quale non è altro che «delitto, furto, gelosia, fame, menzogna, sborra, stupidità, malattie, eruzioni vulcaniche, terremoti, mucchi di cadaveri», e che non esiste verità, ma solo l'azione, «l'azione effimera», «l'azione antagonista». Tra digressioni fascinose, anse maestose, deviazioni fulminee, veniamo irresistibilmente trascinati da una scrittura che, come rilevò la critica del tempo, possiede una «prodigiosa potenza pittorica, un misto di crudeltà, sensualità e lirismo» - uno stile la cui sfrenata libertà continua a vibrare.)
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Recensioni: 4/5
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