Le montagne e il profumo del mosto

Leggendo questo libro viene sete, sete di un bicchiere di buon vino da bere in un posto bello, magari al Rifugio Andolla o al Devero, e se lo dico io che oltre a capire nulla di vini sono un buon bevitore di birra (orrore! e non capisco alcunchè pure di quella!) potete crederci. Viene anche nostalgia di tornare a seguire un vecchio amico e grande Guida, a due metri e corda tesa come ai tempi andati...non starò a cercare invece le motivazioni che hanno indotto l'autore a raccontarci la storia della sua famiglia, senza tralasciare cose tragiche e spesso molto intime, chiuse da tempo nella sua anima da dove in passato qualche volta si sono fugacemente affacciate sul mondo. Queste pagine, per quanto mi riguarda, sono di altissimo livello, e quelle motivazioni le conosce solo lui, tanto ci deve bastare. Dico solo che molti personaggi mi sono simpatici (uno tra tutti lo zio Lino, che abitava a "cà sü là") e che Paleari ha ragione da vendere, questo lo voglio davvero urlare e far sapere a tutti, quando dentro di lui ha chiamato "assassini" i medici che hanno salvato sua madre (bell'ossimoro). Da leggere e far leggere, sempre ed a chiunque, il dogma di pagina 220, ultimo paragrafo, che è, sempre per quanto mi riguarda, semplicemente la soluzione per risolvere un bel po' dei problemi del mondo. Il guaio dei libri di Paleari è che non sono magici. Dovrebbero cambiare di continuo, essere una specie di autobiografia VIVA, arrivati all'ultima pagina rinascere da una nuova prima pagina per raccontare un altro pezzo della sua incredibile vita, che non mi stancherei mai di sondare, curiosare, chiedere, farmi dire. Non do il massimo per non essere tacciato di piaggeria, però...