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Il mondo islamico nel XX secolo. Politica e società civile - Reinhard Schulze - copertina
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Il mondo islamico nel XX secolo. Politica e società civile
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Il mondo islamico nel XX secolo. Politica e società civile - Reinhard Schulze - copertina
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Descrizione


L'opera, procedendo cronologicamente dagli inizi del secolo ad oggi, è suddivisa in sei capitoli: la cultura islamica e il colonialismo moderno 1900-1920; il nazionalismo borghese e l'indipendenza nazionale 1920-1939; il periodo della restaurazione 1939-1958; la cultura islamica e il repubblicanesimo nel Terzo Mondo 1956-1973; l'affermazione delle ideologie islamiche 1973-1989; la cultura islamica e la società civile 1989-1998.
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Dettagli

1998
2 novembre 1998
466 p., ill.
9788807102486

Voce della critica


recensioni di Scarcia Amoretti, B. L'Indice del 1999, n. 03

Il libro si configura come una disamina puntuale degli eventi che hanno caratterizzato la storia del mondo islamico da metà Ottocento a ieri, anno 1998. Un primo punto da segnalare: è davvero il "mondo islamico" a essere oggetto del libro, a differenza di quanto succede generalmente, specie nelle pubblicazioni che prevedono anche un'utenza non specialistica, dove sono quasi esclusivamente i paesi arabi a rappresentare l'ecumene islamica. Qui, invece, l'Africa sub-sahariana, il subcontinente indiano, l'Asia sud-orientale, così come il mondo turco-iranico e l'Asia centrale, sono ugualmente considerati. Anzi, all'interno dello stesso mondo arabo, non ci sono paesi, Stati o questioni predominanti, con il vantaggio, per il lettore, di avere finalmente a disposizione notizie anche su realtà che non attirano, se non occasionalmente, l'attenzione dei mass media, come, per esempio, la Mauritania o il Sudan o la stessa Arabia Saudita.

Il quadro che ne risulta è, quindi, completo, specie se si dà il peso che meritano agli apparati che corredano il libro: note, carte geografiche, cronologia essenziale dei fatti, indici, glossario (non sempre accuratissimo, però) e bibliografia. A proposito di quest'ultima, pur ricca di testi arabi, persiani o altro, va rilevato che si tratta di una bibliografia selettiva e critica, che evita, coerentemente con gli obiettivi del testo, inutili sfoggi di erudizione con rinvio alle fonti, quasi sempre di difficile reperibilità e di ancor più complessa decodificazione.

Tuttavia, la scelta - giustissima - dell'autore, islamista presso l'università di Bamberg in Germania, comporta qualche rischio. Per i non addetti ai lavori, il libro è, forse, faticoso; da utilizzare prevalentemente come repertorio, nonostante, a prima vista, possa sembrare complicato anche il districarsi nell'enorme mole di informazioni fornite. La competenza dell'autore - come è, d'altronde, logico che sia - non è la stessa per tutti i paesi analizzati. La sua sicurezza di giudizio e l'affidabilità della ricostruzione storica sono ineccepibili soprattutto quando sono in causa il Sud-est asiatico, l'Indonesia in primo luogo, o i conflitti di quest'ultimo decennio, dalla guerra in Kuwait a quella nella Bosnia-Erzegovina o in Somalia. Per converso, più opinabili sono certe interpretazioni sullo sviluppo dello sciismo, o sulla natura dei movimenti marxisti nelle diverse situazioni locali, dal Libano all'Afghanistan, e, di conseguenza, sulla loro incidenza nelle vicende nazionali, in relazione o meno alla politica sovietica. Osservazioni, queste, doverose, ma marginali rispetto a quanto l'autore si propone e realizza.

La tesi fondamentale del libro è dimostrare l'assurdità del discorso sull'arretratezza della cultura islamica e dell'opinione diffusa che la storia islamica sia avulsa da quella che l'autore, citando Eberhard, chiama "età mondiale", vale a dire "l'età che definisce un contesto che organizza un'epoca". Nella realtà, la storia islamica "è sempre rimasta all'interno di questa età mondiale", come è dimostrato, se non altro, dalla "diffusa comunicazione tra Oriente e Occidente". L'analisi si dipana, dunque, ponendo al centro dell'indagine l'economia mondiale, in modo tale da "ordinare secondo criteri del tutto nuovi i paesi designati con l'espressione 'mondo islamico'". Così, le oggettive condizioni economiche di degrado e impoverimento, iniziate nel primo dopoguerra, come conseguenza delle opzioni economiche dei paesi colonizzatori, permettono una ben diversa lettura di quanto può apparire come ritardo storico o incapacità politica.

Come è da aspettarsi, in stretta connessione con i dati economici, ci si sofferma a lungo sulla composizione sociale degli aderenti ai movimenti islamici o dei loro oppositori. L'autore, con qualche forzatura qua e là, individua due poli distinti e spesso antagonisti: come esistono un mondo tradizionale all'interno del quale vigono antichi equilibri socio-economici e un mondo coloniale che è il modello che l'Occidente ha veicolato nelle sue colonie, mondi che interloquiscono o si contrappongono, così esistono una realtà urbana e una rurale connotate da una diversità di interessi che stanno alla base delle opzioni ideologico-politiche in modo, talvolta, assolutamente dicotomico. Qui sta uno di quei criteri "nuovi" per definire la natura di questo o quel regime, che l'autore si proponeva di enucleare: ipotizzare o constatare se sia stato l'uno o l'altro mondo a prevalere, l'una o l'altra realtà a condizionarne la visione politica.

Se si segue il ragionamento dell'autore, emerge la logica che sottende quei fatti che possono sembrare da un lato specifici di un determinato contesto (si pensi, per tutti, all'involuzione delle dinamiche politiche in Afghanistan), dall'altro improntati a casualità, una variante impazzita e non prevedibile in una situazione presentata come scontata e nota (e qui l'Algeria è caso emblematico). Aiutano a far affiorare tale logica la ricostruzione sincronica per altre parti del mondo, non solo musulmano, di analoghe problematiche e, soprattutto, la messa in risalto dell'interrelazione dei paesi musulmani tra loro, e del mondo islamico nel suo complesso con l'esterno. Un esempio a chiarire quanto si viene dicendo. Il ruolo degli Stati Uniti, demonizzati o esaltati che siano, non è comprensibile se non si ripercorre quella parte di storia che, durante e subito dopo la seconda guerra mondiale, li ha visti obiettivi sostenitori delle lotte anticoloniali e di emancipazione democratica, in opposizione all'Europa e ai valori che essa intendeva continuare a veicolare in Asia e in Africa. Un simile ruolo, in prima battuta, si è infatti esplicato, secondo l'autore, in un passaggio di simpatia dall'Asse verso gli Stati Uniti da parte di chi, nazionalista o musulmano militante, era, comunque, persuaso della necessità di por fine ai regimi coloniali.

A evitare frammentarietà e discontinuità, l'autore fa dell'islam il vero protagonista del libro. E qui bisogna intenderci. L'islam è una sorta di etichetta a coprire contenuti diversi. Usarla significa, nella prospettiva dell'autore, riconoscere che essa è rivendicata, come tale, dai diretti interessati. Schematicamente si può dire che l'islam offre inizialmente, a partire da metà Ottocento e fino ai primi decenni del XX secolo, una terminologia e una simbologia che non implicano di per sé una dimensione religiosa, visto che questo islam, nelle parole dell'autore, "non comunica con altre religioni, bensì con un 'discorso europeo'". Certo, l'ambiguità implicita nella cosa può aver fornito ad alcuni settori musulmani il pretesto per invocare al loro agire "motivazioni di carattere religioso", in analogia a quanto, peraltro, è successo al sionismo, "che, nascendo da una tradizione linguistica ebraica, formulava una sintesi tra religione e aspirazioni nazional-statali".

Con "islam" si indicherà, successivamente, un'ideologia da opporre alle ideologie occidentali, e da porsi sullo stesso loro piano quanto a fascinazione e potenzialità di mobilitazione. Soprattutto negli anni settanta, quando ancora il marxismo è utopia credibile e la mondializzazione è soltanto alle soglie, si sostiene che l'islam sia "sintesi compiuta di tutte le ideologie", e che in esso sia "dato rinvenire gli enunciati centrali di tutte le ideologie occidentali", oltre che "le soluzioni alle contraddizioni a esse inerenti, dovute alla loro 'inadeguatezza'". Vent'anni dopo, in pieno post-modernismo, l'islam da "compimento ideologico dell'utopia" diventa "l'istanza capace di portare a termine il suo 'compito sociale e democratico' e di superare la modernità". Esso si apre al pensiero mitico che, nella ricerca dell'origine comune, abbandona il riferimento al primo islam come all'età dell'oro, per riconsiderare "la polivalenza della tradizione" e, di conseguenza, giustificare la mai raggiunta unità interna.

Dentro all'islam, inteso in uno di questi modi, vanno collocate le varie tendenze, riformiste, conservatrici, liberali o eversive, così come le diverse prese di posizione a definire la formula più autenticamente islamica di governo, monarchica o repubblicana. Il tutto espresso attraverso un vocabolario socio-politico nient'affatto scontato in ambito islamistico (si usano formule quali "monarchismo" e "repubblicanesimo", "nazional-liberali" e "nazional-repubblicani", accanto alle più correnti "salafiyya", "neo-salafiyya", ecc.), con il probabile intento di dimostrare la complessità del fenomeno in esame. Secondo l'autore - ma molti studiosi dissentirebbero in proposito - il dibattito sullo Stato si pone fin dall'inizio e durante tutto l'arco cronologico che egli considera. Di qui, alternativa o interfaccia dell'islam è il nazionalismo in tutte le sue pieghe e manifestazioni, vale a dire che anch'esso è scorporato o proposto nelle sue evoluzioni e specificità, fino a quelle rivendicazioni etnocentriche che, a partire dagli anni settanta, condizionano gran parte del panorama politico mondiale.

Quanto detto non ha la pretesa di aver dato conto di tutti gli spunti di riflessione che il libro sollecita, ma vorrebbe, comunque, aver condotto chi legge a una conclusione che, in sintesi, è il messaggio del libro: il cosiddetto pericolo islamico è soltanto una cattiva lettura di un fenomeno complesso e dinamico che, come è stato in passato dentro la "nostra" storia, oggi, "è capace di stare al passo con i tempi", trovando, in piena sintonia con il
post-modernismo che contraddistingue la nostra epoca, un "nuovo ambito interpretativo", basato sulla cosciente rinuncia a perseguire un'unitarietà utopica a fronte della positiva valutazione "dei piccoli mondi che possono essere - tranquillamente, aggiungeremmo noi - caratterizzati sul piano culturale dall'islamicità".

 

Bibliografia critica

La produzione italiana recente sull'argomento non manca. Accanto a opere che, all'interno di un panorama complessivo sulla storia dell'Islam e del mondo musulmano, dedicano una particolare attenzione all'attualità e ai processi che l'hanno determinata, si collocano lavori che prendono in considerazione definite aree geografiche o problematiche o singoli personaggi.

Fanno parte della prima tipologia: Biancamaria Scarcia Amoretti, Il mondo musulmano. Quattordici secoli di storia, Carocci, 1998 (cfr. "L'Indice", 1998, n. 8); Sciiti nel mondo, Jouvence, 1994 (tra l'altro, sulla presenza sciita in Libano, Iraq, Pakistan e, soprattutto, sulla realtà iraniana); Profilo dell'economia islamica, a cura di Biancamaria Scarcia Amoretti, Centro culturale al-Farabi, Palermo 1988 (lavoro per molti aspetti, pionieristico, condotto dalla curatrice insieme allo studioso egiziano A. Sadiq Sa'd, a illustrare in concreto, attraverso un'antologia di testi di "economia islamica", le varie anime dell'Islam contemporaneo).

Della seconda: Angelo del Boca, Gheddafi. Una sfida dal deserto, Laterza, 1997 (cfr. "L'Indice", 1998, n. 9); Giampaolo Calchi-Novati, Storia dell'Algeria indipendente, Bompiani, 1998 (cfr. "L'Indice", 1999, n. 2); Antonino Pellitteri, Nazionalismo arabo. Siria-Libano 1900-1950, Flaccovio, 1992. Un'antologia di brani di intellettuali musulmani famosi è quella curata da Paolo Branca, Voci dell'Islam moderno. Il pensiero arabo-musulmano tra rinnovamento e tradizione, Marietti, 1991 (cfr. "L'Indice", 1993, n. 3). Una raccolta di saggi di diverso valore ma significativa, di autori anche non italiani: I movimenti islamisti nel mondo arabo contemporaneo. Il dilemma dell'Islam, a cura di Laura Guazzone, Angeli, 1995.

Tra le ormai molte opere di saggistica tradotte in italiano si segnalano: Bertrand Badie, I due stati. Società e potere in Islam e in Occidente, Marietti, 1990, e François Burgat, Il fondamentalismo islamico, Sei, 1995, specificamente dedicato ai paesi del Maghreb.

Esempi di analisi a metà strada tra filosofia e politica che offrono interessanti punti di vista "dall'interno": Bassam Tibi, Il fondamentalismo religioso, Bollati Boringhieri, 1997 (cfr. "L'Indice", 1998, n. 2); e Burhan Ghalioun, Islam e islamismo, Editori Riuniti, 1998.

(B.S.A.)

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Conosci l'autore

Reinhard Schulze

1953

Reinhard Schulze è nato nel 1953. Islamista e arabista, è docente presso l’Università di Berna, in Svizzera. Con Feltrinelli ha pubblicato Il mondo islamico nel XX secolo. Politica e società civile (1998).

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