Mishima o la visione del vuoto

«La vita umana è breve, ma io vorrei vivere per sempre» è una frase che Yukio Mishima disse prima di lasciare lo studio prima di compiere il seppuku. In queste poche parole riportate da Marguerite Yourcenar si può sintetizzare la parabola esistenziale dello scrittore giapponese. Va detto che chi cerca nel libro della scrittrice francese nata a Bruxelles una biografia dell’autore di Confessioni di una maschera rimarrà deluso. L’autrice infatti va alla ricerca, nell’opera mishimiana, del senso della sua letteratura attraverso un’analisi dei suoi scritti. Yourcenar, da autrice occidentale, cerca di calarsi nel complesso universo di Mishima ricco di riferimenti orientali, pur essendo egli un uomo, prima ancora che un intellettuale, che ha viaggiato e conosciuto l’Europa e la Grecia classica. Da quello che emerge dalla lettura del libro dedicato all’autore nipponico sono i temi dell’amore e dell’erotismo, dell’estetica della bellezza, il culto delle tradizioni del Giappone imperiale e feudale, fino ad arrivare, in Sole e acciaio, al culto del corpo qui inteso come una trasformazione fisica dell’ente metafisico che è lo spirito. Mishima, nelle pagine della Yourcenar, è attirato dalla filosofia dell’azione che lo vide animarsi negli ultimi anni di vita per ridare dignità alla sua Nazione umiliata e sconfitta, ma anche di dare un senso alla sua esistenza, intesa di vivere una più che vita e di farne una poesia, di andare oltre alle convenzioni moralistiche che per un occidentali sarebbero incomprensibili. La “visione del vuoto” a cui fa riferimento il titolo è utilizzata dallo stesso autore giapponese per descrivere gli ultimi venticinque anni della sua vita in cui afferma di: «appena dire di aver vissuto» e che vengono interpretati come: «Anche nel corso della vita più eccezionale e gratificante, ciò che si vuole realmente fare di rado viene compiuto, e, dagli abissi o dalle sommità del Vuoto, ciò che è stato, e ciò che non è stato, sembra ugualmente sogno o miraggio».