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Il miracolo possibile. Un programma per l'economia italiana - Franco Modigliani,Mario Baldassarri,Fabio Castiglionesi - copertina
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Descrizione


Cogliendo in questa primavera del '96 la grande occasione', entro due anni si può risanare l'Italia. E lo si può fare senza ricorrere alle maxi-stangate di cui tanto si parla.

Come? Lo si spiega in questo saggio ricco di analisi originali, di giudizi taglienti, ma soprattutto di proposte che cambieranno la discussione sul futuro del nostro paese.

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Dettagli

6 marzo 1996
204 p.
9788842049517

Voce della critica


recensione di Vaccarino, G.L., L'Indice 1996, n. 9

È opinione largamente condivisa che per poter partecipare fin dall'inizio (previsto per il 1| gennaio 1999) all'Unione monetaria europea, l'Italia, che com'è noto è oggi ancora assai distante dai famosi parametri di convergenza stabiliti dagli accordi di Maastricht, dovrebbe nei prossimi due anni farsi carico di sacrifici economici pesantissimi, forse intollerabili, in aggiunta a quelli assai gravosi già sopportati dal 1992 in poi. Da questa premessa deriva, in effetti, la maggior parte dei difficili dilemmi di politica economica che mettono in fibrillazione il mondo politico e che rendono inquieta e pessimista l'opinione pubblica. Durante e dopo l'estate si sono sentite opinioni di imprenditori, politici, autorità varie fortemente discordanti in merito a come arrivare all'appuntamento europeo, e anche all'interno del governo dell'Ulivo, da poco costituito, si sono manifestate opinioni sorprendentemente contrastanti. Solo i ministri titolari dei dicasteri economici (in particolare il ministro del Tesoro) e il capo del governo hanno mostrato una tranquilla sicurezza di fronte a critiche e sollecitazioni in forte contrasto tra loro.
Il libro di Modigliani, Baldassarri e Castiglionesi, anche se scritto all'inizio del 1996 - dunque prima delle elezioni che hanno insediato il nuovo governo - è utilissimo per chiarire su quale ordine di ragionamenti si fondi (o si possa fondare) un ipotetico partito degli ottimisti. Non è il caso, naturalmente, di far indossare a Modigliani la casacca di "stratega economico occulto" di questa o quella importante autorità. Occorre però non trascurare le assonanze che ci sono fra le idee qui espresse e quelle, ad esempio, che si possono trovare in "Un metodo per governare" (Il Mulino, 1996) di Carlo Azeglio Ciampi: per entrambi, infatti, alla politica dei redditi va assegnato un ruolo assai importante nella lotta all'inflazione, nella riduzione dei tassi di interesse, e nel risanamento della finanza pubblica.
"Il miracolo possibile" è la descrizione di ciò che potrebbe avvenire all'economia italiana qualora la politica dei redditi si desse come obiettivo una drastica e rapida riduzione dell'inflazione. Si tratta di tesi, per la verità, non del tutto nuove: Modigliani e Baldassarri infatti le avevano già presentate, anche se molto più sommariamente, in "Italia 93: dalla tempesta alla grande occasione" (Sipi, 1993). Ma non avevano trovato ascolto fra i politici in carica. Si può anzi dire che Berlusconi, succeduto a Ciampi come Presidente del Consiglio, si sia mosso in realtà decisamente in senso opposto, non contrastando a sufficienza, in particolare, le condizioni che hanno portato a un nuovo rialzo dei tassi di interesse e dell'inflazione nel corso del '95. "Il miracolo possibile" - come scrivono gli autori - (o la grande occasione) "ha ben poco di miracolistico", in verità è un "uovo di Colombo". Vediamo meglio perché.
Il punto di partenza di tutto il ragionamento è costituito da un giudizio radicalmente controcorrente sulle vere condizioni odierne della finanza pubblica italiana: "Il bilancio pubblico italiano nei risultati a consuntivo del '95 - scrivono gli autori - ha già largamente raggiunto gli obiettivi di Maastricht, laddove si valutassero correttamente i conti", al netto cioè della cosiddetta "tassa da inflazione". La valutazione "corretta" va fatta cioè al netto di quella parte della spesa annuale per interessi che copre la perdita di valore dei titoli pubblici a causa dell'inflazione, e che ammonta a circa 110.000 miliardi su un totale di spesa per interessi di circa 200.000. Con la correzione, "gli interessi reali pagati sono pari a circa 90.000 miliardi". Ciò significa che dopo le forti manovre di aggiustamento operate nel passato sui conti pubblici, e in presenza di un consistente avanzo di bilancio "primario" (il saldo di bilancio che si ottiene togliendo dalla spesa totale tutta la spesa per interessi), non c'è più alcuna ragione, dal punto di vista delle esigenze di una sana finanza pubblica - prima ancora che da quello della fattibilità politica e della tollerabilità sociale -, per operare ulteriori aggiustamenti "reali" nel bilancio pubblico. In altri termini, non c'è più alcun bisogno di manovre finanziarie - come scrivono i nostri autori - "apocalittiche", da "lacrime e sangue" per rientrare "statisticamente" nei parametri di finanza pubblica dell'Unione Monetaria. È vero che le condizioni "reali" italiane non appaiono nei valori nominali, in cui è formulato il criterio di convergenza di Maastricht (3 per cento nel rapporto deficitPil), ma questo avviene semplicemente perché c'è una parte aggiuntiva del disavanzo che corrisponde alla quota di spesa per interessi che va a coprire l'inflazione da rimborsare ai possessori di titoli del debito pubblico.
Questa necessità di correggere i disavanzi pubblici a causa della cosiddetta "tassa da inflazione" è un vecchio cavallo di battaglia di Modigliani. Nessuna sorpresa, dunque, se "Il miracolo possibile" non risparmia le battute sulla testardaggine delle autorità tedesche, gelose e intransigenti custodi dell'interpretazione "letterale" dei criteri di Maastricht. E neppure se il vero obiettivo che gli autori propongono per il paese non è quello di correre dietro anno per anno ai parametri di Maastricht, bensì di completare dal lato dell'inflazione e dei tassi di interesse un risanamento "reale" già conseguito sul versante del bilancio pubblico, e con ciò stesso entrare anche, a testa alta, nell'Unione monetaria (se e quando dovesse farsi). Tutto ciò non significa, naturalmente, che il requisito "statistico" del 3 per cento sia totalmente privo di senso: depurato dall'illusione ottica creata dalla presenza dell'inflazione esso rappresenta un giusto criterio di pareggio della parte corrente del bilancio pubblico, che lascia che il 3 per cento di deficit pubblico sul Pil sia destinato a finanziare le spese di investimento.
Poiché dunque l'attuale divergenza del bilancio pubblico da Maastricht è dovuta agli effetti dell'inflazione sugli interessi, ne segue direttamente l'indicazione sul che fare: riuscendo ad abbassare in modo rapido e drastico l'inflazione le autorità di politica economica farebbero con ciò stesso emergere anche la piena conformità della situazione dei conti pubblici ai requisiti dell'Unione monetaria. Un'osservazione va fatta, di sfuggita, a proposito dell'altro elemento che concorre, insieme all'inflazione, a determinare l'elevato volume di spesa per interessi: lo stock del debito pubblico. Pur senza dirlo esplicitamente, gli autori non lo considerano in effetti un problema meritevole di molta attenzione, e anche in questo caso si mostrano assai distanti dalla concezione della "sana finanza" prevalente in Europa.
Se dunque la strategia di politica economica deve mirare a una drastica riduzione dell'inflazione, e poiché inoltre la disinflazione non può avvenire per impulso n‚ della politica di bilancio n‚ di quella monetaria (la restrizione monetaria graverebbe sui tassi di interesse), l'obiettivo deve essere perseguito mediante il classico "terzo strumento" keynesiano, la politica dei redditi. Dunque, scrivono i nostri autori, i contratti di lavoro dovrebbero programmare aumenti delle retribuzioni non superiori al tasso di crescita della produttività (stimata intorno al 6 per cento nell'arco di un triennio), dovrebbero seguire cioè un criterio che essi chiamano (con un termine, per la verità, che può generare equivoci) "inflazione programmata zero". Va notato che la vera inflazione programmata, o attesa, secondo la definizione corrente (gli autori la chiamano invece "effettiva", aggiungendo altri equivoci terminologici), secondo le stime econometriche presentate nelle appendici scenderebbe rapidamente all'1-1,5 per cento. I salari reali, di conseguenza, crescerebbero leggermente, ma la maggior parte degli aumenti di produttività andrebbe alle imprese nella forma di aumenti dei profitti.
Preso alla lettera, ossia come proposta "praticabile" in politica economica nella concreta situazione italiana dal 1996 in poi, i programma di Modigliani e Baldassarri è chiaramente fuori mercato. Lo dimostrano le difficoltà che sono immediatamente sorte in sede sindacale (particolarmente nella Cgil), e all'interno della maggioranza che sostiene il governo, allorché il Documento di programmazione economica e finanziaria (Dpef) ha ridotto di un semplice mezzo punto il profilo dell'inflazione attesa (o "programmata", secondo l'uso divenuto corrente in Italia) rispetto a quanto stabilito dal precedente Dpef. Non si tratta solo degli effetti redistributivi dal lavoro al capitale che la proposta Modigliani, alla lettera, comporterebbe (e che si realizzerebbero dopo una consistente redistribuzione già avvenuta nel corso del '95 e negli anni precedenti), ma della difficoltà a invertire le aspettative di inflazione sul mercato del lavoro, una difficoltà che gli autori - si presume - hanno ben presente, data la loro formazione dichiaratamente keynesiana. Del resto gli studi neo-keynesiani in materia, teorici ed empirici, riempiono una biblioteca. Modigliani e Baldassarri sanno perfettamente (anche se ne "Il miracolo possibile" non ne tengono esplicitamente conto) che non diversamente dai tassi di interesse anche le retribuzioni si determinano sul mercato, dipendono dalle aspettative, dallo stato della fiducia, da valutazioni di equità relativa tra categorie di lavoratori che stipulano i loro contratti in tempi differenti, ecc., e non possono essere trattate come se fossero una "variabile indipendente", o esogena, a disposizione delle autorità di politica economica. Il che non significa, naturalmente, che la concertazione tra le parti sociali, secondo le procedure stabilite nei famosi accordi del luglio '93, fermamente voluti dall'allora Presidente del Consiglio Ciampi, non sia in grado di modificare e influenzare in modo significativo le aspettative di inflazione che stanno alla base della contrattazione dei salari nominali. È precisamente su questa possibilità, cioè sul successo della concertazione con le parti sociali, che si basa, è da ritenere, il "partito dell'ottimismo" cui ho accennato più sopra.
Il discorso di Modigliani e Baldassarri, fuori mercato come vera e propria proposta programmatica, va inteso come una parabola, un ragionamento al limite che contrappone due scenari-tipo estremi, quello di inflazione inerziale, e quello di inflazione in rapida discesa. Va letto come un'analisi che quantifica i vantaggi economici generali, e in particolare per il bilancio pubblico, di una riduzione quanto più rapida possibile dell'inflazione, e lo contrappone ai costi reali generali, e in particolare di bilancio pubblico (necessità di comprimere le spese (e/o di aumentare le imposte al di là di ciò che richiederebbe in sé una politica di sana finanza pubblica) di una prosecuzione inerziale dell'inflazione, causata da rigidità delle aspettative e dal prevalere dell'immobilismo e della sfiducia nella concertazione tra le parti sociali.

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Franco Modigliani

Franco Modigliani (1918-2003) è stato un economista italiano, tra i protagonisti del dibattito economico del Novecento. Nato a Roma in una famiglia della borghesia ebraica, nel 1939 è costretto, come molti altri intellettuali e scienziati italiani, ad abbandonare il paese. Si rifugia negli Stati Uniti, che divengono la sua patria adottiva. Nel 1985 viene insignito del Premio Nobel per l’economia. Tra i suoi titoli ricordiamo Reddito, interesse, inflazione. Scritti scientifici (Einaudi, 1997), Le avventure di un economista. La mia vita, le mie idee, la nostra epoca (Laterza, 1999) e Rischio Italia. L'economia italiana vista dall'America (1970-2003) (Donzelli, 2018).

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