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Il rapporto che è sempre esistito tra sport e politica risulta risaputo, come è noto che il fascismo individuò nell'organizzazione sportiva un elemento importante per il consolidamento del cosiddetto "consenso". In realtà, in relazione all'età contemporanea, se si fa l'eccezione dei lavori di Fabrizio, Pivato, Lombardo e Giuntini, pochi sono gli storici che si sono soffermati su tali questioni, e anche a proposito del Ventennio molto resta da fare per un'esaustiva ricostruzione dei caratteri di quel perverso rapporto.
Nel suo libro Landoni si sofferma sul periodo successivo alla fine della dittatura, delineando, sulla base di una ricca documentazione archivistica e della pubblicistica dell'epoca, vicende finora poco conosciute, come il fatto che il "vento del nord" coinvolse anche l'ambito sportivo. Dopo l'avvento di Bonomi al Governo, fu nominato Giulio Onesti, giovane avvocato socialista, a commissario liquidatore del Coni, organismo considerato dai partiti antifascisti retaggio della politica autoritaria del regime. Ma Onesti non solo disattese tale mandato, ma giunse presto a contrapporsi al suo stesso partito perché si rifiutò di procedere alla rimozione dei dirigenti sportivi compromessi con il fascismo, e scelse addirittura i suoi più stretti collaboratori tra coloro che si erano impegnati per lo sviluppo dello sport durante il Ventennio. Se è indiscutibile che tale indirizzo permise al Comitato olimpico di riorganizzarsi rapidamente, è però palese che la via del compromesso non piacque a chi, come Alessandro Frigerio, nominato presidente del Coni Alta Italia, concepiva uno sport completamente rinnovato dopo le compromissioni del Ventennio. Il desiderio di Frigerio di contrastare il rischio di un nuovo accentramento romano si univa dunque a istanze di cambiamento, che appunto il "vento del nord" auspicava. Tale prospettiva risultò perdente, e l'uscita di scena di Frigerio e l'affermarsi in modo definitivo di Onesti alla presidenza del Coni (agosto 1947) coincisero con l'esclusione delle sinistre dal governo e con la conclusione di ogni speranza di rinnovamento della società.
Landoni mette anche in evidenza come, grazie al lavoro della giunta del sindaco socialista Greppi, lui stesso sportivo in gioventù, Milano diventò la "capitale dello sport" e teatro di eventi importanti sia dal punto di vista tecnico-agonistico che sociale. Fu proprio in quegli anni che il Comune pose le condizioni per la trasformazione del capoluogo nella capitale della motonautica europea, grazie agli investimenti all'Idroscalo, e del ciclismo su pista, con il ripristino del velodromo Vigorelli; investimenti furono anche compiuti nell'ambito del nuoto, del tennis, dell'automobilismo e del motociclismo. Acceso dibattito suscitò poi la questione dell'ampliamento dello stadio di San Siro, i cui lavori iniziarono nel 1954, dopo che per oltre un quinquennio si discusse se mantenere e ampliare tale struttura, se costruirne una nuova o se puntare sull'Arena come luogo privilegiato del calcio milanese. L'impegno a favore dello sport continuò con le giunte del sindaco Ferrari, che nel 1956 riconobbe un ruolo di primaria importanza all'assessorato allo Sport, a cui concesse autonomia amministrativa.
Daniela Saresella
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