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Fra le ragioni che attraggono verso un libro, talora ignote perfino al lettore, ha spesso un ruolo decisivo l’equivoco. Accade allora che l’inganno vive della lettura e la lettura avvince nell’inganno, sicché vien quasi da dire che, nel caso di alcuni libri, il racconto e la sua lettura – equivoca, equivocabile, equivocante – si intrecciano a creare una nuova trama, a beneficio del lettore e del suo inganno. È questo anche il caso delle Confessioni di Wanda von Sacher-Masoch, ristampato da Adelphi dopo molti anni dalla prima pubblicazione, forse in risposta alla fortuna che, soprattutto in Francia, ha di recente conosciuto l’opera di Leopold von Sacher-Masoch.A lungo coartato, insieme con i suoi romanzi, nel cliché della psicopatia sessuale da quando Richard von Krafft-Ebing ne fece l’esempio della perversione sadomasochista, Sacher-Masoch viene ora riscoperto come scrittore del proprio tempo che seppe trasfondere nei suoi romanzi tematiche urgenti della cultura contemporanea, dal nichilismo alla questione ebraica.Sicché anche le sue eroine sempre armate di frusta appaiono ora, in una lettura moderna, più come epifania del patto di violenza all’origine del rapporto fra uomo e donna che come mere proiezioni di turpi fantasie dell’autore austriaco. Rivalutazioni a parte, Sacher-Masoch rimane comunque scrittore conturbante, capace ancora di destare curiosità sui retroscena biografici delle sue storie di gioie morbose o sofferenze perverse, e probabilmente sarà questa curiosità a richiamare l’attenzione sulle Confessioni della moglie, il desiderio di scoprire fino a che punto la finzione narrativa si rispecchiasse nella vita dello scrittore e viceversa. E proprio qui sta quell’equivoco di cui si diceva all’inizio, equivoco che non mancherà di rendere appassionante la lettura – e che, d’altronde, l’autrice per prima aspira a suscitare, firmandosi con quel nome che il marito le destinò in onore dell’eroina del suo romanzo forse più famoso, Venere in pelliccia. Letto nella luce di questo inganno, il libro riserverà molte sorprese e rivelazioni.Che a volte rasentano lo spassoso, là dove raccontano di cameriere assunte per frustare lo scrittore con il rassegnato beneplacito della moglie quando quest’ultima proprio non ce la faceva più ad amarlo a colpi di knut, come egli voleva.Oppure là dove ricostruiscono le ossessioni di Sacher-Masoch, il suo piacere nell’istigare la consorte al tradimento, i suoi deliri fra crudeltà e masochismo. E può succedere, fra tante pagine sconcertanti, che l’iniziale inganno del lettore, adescato con la curiosità, ceda a una più smaliziata consapevolezza.Allora ci si accorgerà di leggere un romanzo abilmente costruito secondo i cano- Certamente, le vicende raccontate hanno un innegabile risvolto drammatico, e forse queste Confessioni furono, per l’autrice, una specie di vendetta, una rivalsa su tanta sofferenza ingiustamente subita.Una rivalsa molto astuta, comunque.Perché raccontando il proprio dramma di donna offesa in ogni suo sentimento, Wanda von Sacher-Masoch erige in questo libro un monumento a se stessa.Una mirabile automitobiografia.
recensioni di Valtolina, A. L'Indice del 1999, n. 03
ni della letteratura di fine seco-
lo, una classica storia di amore e morte stilizzata con grande sapienza – Wanda von Sacher-Masoch, d’altronde, non era una novizia della scrittura e, all’inizio del matrimonio, aiutò spesso il marito a sbarcare il lunario pubblicando racconti su riviste letterarie.Non solo, ci si accorgerà della forte componente di finzione nascosta dietro la veridicità di un’autobiografia che, se da un lato continua a colpevolizzare Sacher-Masoch per aver sempre confuso realtà e letteratura, dall’altro riproduce questa medesima confusione e ne fa suo segreto stratagemma.
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