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Anno edizione: 2010
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Chi non ha mai pensato di scrivere un romanzo su quel tempo avventuroso e magico che è l’adolescenza, sugli anni del liceo, dei primi amori, delle grandi amicizie, delle pigre malinconie e delle pazze esaltazioni? Francesco Marco Romano non si è limitato a pensarci e questo romanzo lo ha scritto e l’ha intitolato “La mia poltrona in riva al mare”. Il mare di cui si parla è quello di Napoli, visto da via Caracciolo. Il protagonista, Gianni, un ragazzino che ancora frequenta il liceo, ama questa via e ancor più ama il mare, malinconicamente. Forse perché ancora non ha conosciuto l’amore di una ragazza, come gli suggeriscono alcuni amici più smaliziati. Quello che definisce “La mia poltrona in riva al mare” è un pezzo di muretto sul lungomare, dove si ferma a pensare. Il romanzo ci parla del difficile rapporto dei ragazzi con l’altro sesso, delle tante occasioni mancate, spesso solo per pura goffaggine, tipica dell’età. Gianni sfiora l’amore di varie ragazze ma ogni volta queste gli sfuggono di mano, scivolando via, come acqua che torni al mare. Pian piano, però, si avvicina a quel “sorriso d’amore”, all’inizio solo immaginato. “La mia poltrona in riva al mare” è una serie serrata di dialoghi tra ragazzi, a volte intervallate dalle riflessioni melanconiche del protagonista, ma persino una discesa in slittino sulla neve è resa tramite un dialogo (e questi non sono mai malinconici). Se lo spazio geografico in cui si svolge la storia è ben chiaro (Napoli e, per poche pagine, Roccaraso), il tempo non è esplicitato chiaramente, ma questi ragazzi non sono certo i giovani d’oggi, così diversi nel loro rapportarsi e così tecnologici. Anche i personaggi famosi cui i ragazzi alludono probabilmente i quindicenni d’oggi non saprebbero chi fossero. Il tempo in cui vivono Gianni e i suoi amici ricorda assai più il mio che quello di mia figlia oggi ventenne, ma forse andrebbe spostato anche un poco più indietro, diciamo all’inizio degli anni ’70 del secolo scorso.
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