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Recensioni Mi mancano solo le Hawaii. Appunti di vita e viaggio di un italiano trapiantato in America

Recensioni: 4/5
«Ho sognato a occhi aperti la Nba, i grattacieli di New York, Central Park, il Grand Canyon, la Mesa Verde, la Monument Valley, lo Yellowstone, il Mississippi River, le praterie, i bisonti, gli oceani con le foche e le balene, i ghiacci dell'Alaska, le paludi del sud, gli alligatori, le piantagioni di cotone, i cactus, i rodei, il deserto e persino i “tumbleweeds” (quei cespugli che rotolano sempre, portati dal vento quando qualcosa di serio sta per succedere in un film western), gli indiani e la musica nera. A cinquantatré anni posso dire di averle viste tutte queste cose. E molto di più. Sì, perché in un modo o in un altro in America sono stato dappertutto. Mi mancano solo le Hawaii» Dalla prefazione dell'Autore Mi mancano solo le Hawaii nasce dagli appunti di vita e di viaggio di un italiano (pesarese) “trapiantato” in America. L'autore, curioso, appassionato e acuto osservatore delle cose che lo circondano, ha girato gli Stati Uniti in lungo e in largo per lavoro e amicizia, coprendo quarantanove Stati su cinquanta (appunto, Mi mancano solo le Hawaii). Dai sogni di infanzia e giovinezza all'incontro con l'America “in carne e ossa”, col suo fascino, la sua esplosiva vitalità e le sue mille contraddizioni, il tutto visto con occhio mai superficiale ma ricco di un affetto che si è reso sempre più profondo con il trascorrere degli anni. La narrazione parte con i capitoli su New York, mai conosciuta come “turista” ma vissuta dal day one come un complesso e impegnativo luogo di quotidianità. Le pagine sono deliziosi schizzi di una città che solo chi ci vive (e la ama tanto da volerci continuare a vivere) può conoscere: dall'arrivo alla tragicomica avventura della messa a Harlem, fino allo smarrimento in una delle zone più malfamate di Brooklyn... Da New York il libro si sviluppa come un viaggio dalla costa est a quella ovest fino a concludersi – geograficamente – in Alaska, passando per le praterie, il deserto, i grandi fiumi, il Grand Canyon... sempre con leggerezza, legando, intrecciando – talvolta senza alcuna soluzione di continuità – presente e ricordi di infanzia, “pesaresità” nativa e “americanità” acquisita. )
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