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Individualismo e indifferenza nelle relazioni interpersonali; distanza fisica e spirituale dalla natura; progressiva e costante occupazione della natura circostante; eccesso di offerte e opportunità di ogni genere, che rende improbabile l’approfondimento di qualsiasi conoscenza o esperienza; drastiche separazioni e differenze crescenti di condizione materiale tra le diverse classi e gruppi sociali; insicurezza reale e, insieme, senso immaginario di insicurezza creato ad arte dalle forze economico-sociali dominanti; soddisfacimento delle esigenze, sia pure spesso alienate, solo degli umani, anzi solo di certi umani, e non anche, in particolare, di soggetti (umani e non umani) che vivono una condizione di debolezza e fragilità, come, fra gli altri, animali, bambini, immigrati, nuovi poveri. Questi aspetti, insieme ad altri, tutti egualmente tipici della città postmoderna, vengono presi in esame nei saggi raccolti in questo volume dedicato al luogo (la città, appunto, e soprattutto la metropoli) nel quale massimamente le società postmoderne hanno dispiegato i propri tratti più caratteristici: narcisismo, edonismo, chiusura dell’orizzonte temporale sul presente, instabilità e fluttuazione dell’identità individuale, superamento del problema del “senso” dell’esistenza e della storia, frammentazione e precarietà dei rapporti affettivi e, in genere, interpersonali e sociali, così come dei rapporti di lavoro. Nello stesso tempo, il volume dà conto di processi e movimenti di carattere politico-sociale, etico e culturale che, nella città postmoderna, particolarmente negli ultimi anni, si sono sviluppati in controtendenza rispetto agli orientamenti prevalenti, lasciando per essa intravedere nuove, per quanto difficili, possibilità di definizione.
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Il volto delle nostre metropoli (non solo italiane) è cambiato radicalmente. La globalizzazione (e processi che ne conseguono, come deindustrializzazione e delocalizzazione) ha trasformato le fabbriche in supermercati e ha assegnato centralità assoluta ai luoghi dell'economia cognitiva e dell'industria culturale. A ciò, tuttavia, non è corrisposto un miglioramento della qualità della vita della popolazione cittadina, anzi: il potere d'acquisto, rispetto agli anni Novanta, si è drammaticamente ridotto. Il rischio è che la neweconomy disgreghi ulteriormente il ceto medio. Di tutto questo e di molto altro, parla il bel libro "Metropolitania", edito da Mimesis nella nuova collana filosofica "Ghibli". I vari scritti raccolti, in queste 400 pagine, dal docente di Etica Furio Temerari, puntano il dito, innanzitutto, sul disfacimento delle relazioni umane mortificate dall'individualismo e dall'indifferenza. Paradossalmente l'eccesso d'offerte e di opportunità di ogni genere, secondo gli autori, assieme alla chiusura dell'orizzonte temporale sul presente e al senso reale ed immaginario d'insicurezza, ha reso improbabile l'approfondimento di qualsiasi conoscenza o esperienza. Il lavoro organizza in undici sezioni tematiche i diversi contributi: il primo capitolo è dedicato al "Senso e all'Identità", poi si analizzano le nuove aggregazioni postmoderne (segnate dall'indifferenza), la minaccia della deculturazione, la logica utilitaristica, i tentativi di impegno civile, l'occupazione brutale del territorio e la violenza sull'ecosistema, il rapporto fra animali e spazio urbano, le politiche ambientali (spesso di facciata), l'inquinamento anche acustico, le periferie urbane, sociali e culturali, i fenomeni migratori spesso legati alle nuove povertà. Gli ultimi due capitoli sono meno apocalittici e fanno riemergere, almeno, un po' di romanticismo, dato che si dedicano alla fotografia dello scenario urbano contemporanee e ai volti e alle anime notturni della città.
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