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Le metamorfosi della terra. Come acqua, aria e fuoco plasmano il volto del nostro pianeta - Augusto Biancotti - copertina
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Descrizione


Dalle inondazioni alle eruzioni vulcaniche, dalle frane ai terremoti, dal lieve scavare di una goccia al continuo soffiare del vento, la dinamica della Terra cambia continuamente la faccia al nostro pianeta. L'uomo, di volta in volta, è stato vittima, spettatore, artefice delle numerose metamorfosi attraverso cui è passato il mondo in epoca recente. E si è illuso, grazie alla tecnologia, di avere il potere di modificare l'ambiente a proprio piacimento, di eludere le leggi della natura. E da vero apprendista stregone ha scatenato le forze che hanno portato al dissesto idrogeologico, alla scomparsa delle spiagge, all'espansione dei deserti e agli scompensi climatici che caratterizzano la nostra era.
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Dettagli

1995
190 p., ill.
9788809205598

Voce della critica

PIGNATTI, SANDRO, Ecologia del paesaggio, Utet, 1994
BIANCOTTI, AUGUSTO, La metamorfosi della Terra, Giunti, 1995
recensione di Tozzi, M., L'Indice 1995, n. 8

Qualche secolo fa la pianura pontina era una landa profondamente inospitale per l'uomo: paludi e laghi costieri formavano un sistema idrografico reso impenetrabile dall'intricatissima vegetazione. Ci volle il fascismo e l'operosità degli immigrati veneti e friulani per aver ragione di quelle terre, in una delle poche opere ingegneristiche del ventennio che sembra ben riuscita a tutti. Solo oggi ci si accorge che non è così, che le paludi - assunto il nome più impegnativo di zone umide - devono essere protette e se possibile estese in tutto il mondo. Troppo grande è il loro patrimonio naturale e paesaggistico per vederle ancora minacciate.
Al valore intrinseco si aggiunge ormai quello culturale del paesaggio, elemento che costituisce il legame più forte - ma non il solo - fra l'impostazione scientifica dell'impegnativo testo di Pignatti "Ecologia del paesaggio" e lo snello volume di Biancotti "Le metamorfosi della Terra". L'eucalipto australiano piantato negli anni trenta nelle zone umide d'Italia (si riteneva tenesse lontana la malaria, in realtà grazie alle sue radici profonde contribuiva a prosciugare le paludi e solo di conseguenza a far decrescere le zanzare anofeli) fa parte ormai dello specifico di molti nostri paesaggi e testimonia le variazioni notevoli che la storia della vegetazione ha attraversato in Italia. Il Sahara, prima immensa regione verde e fertile ora deserto, viene rievocato da Pignatti e Biancotti a testimonianza del valore paradigmatico e trasversale di certi esempi. Non è un caso se il conflitto terra-acqua e il costituirsi del paesaggio a partire dall'elemento vegetale sono il punto di partenza dell'esposizione di Biancotti e la trama implicita sottesa a molte delle considerazioni dell'"Ecologia del paesaggio".
"Le metamorfosi della Terra" è un libro in bilico fra la denuncia delle malefatte dell'uomo nella sua insana gestione della Terra e la speranza illuminista che con una maggiore conoscenza e informazione la situazione possa migliorare in futuro. Di esempi se ne trovano a decine e, anzi, essi costituiscono l'intelaiatura del libro stesso, che si snoda fra terre perdute per sempre e terre conquistate. Con toni un po' caricati e con un frequente uso dell'aggettivo iperbolico - maggiore azzardo avrebbe potuto portare a un'esposizione decisamente futurista - Biancotti condanna decisamente tutto ciò che è esecrabile delle opere dell'uomo moderno: il dissesto idrogeologico, la deforestazione selvaggia, l'avanzata dei deserti.
Dei numerosi esempi sul terreno, il più originale deriva dalle fallimentari esperienze dei fantasiosi progetti sovietici di risistemazione ecologica - per esempio quello dei "cinque mari", che consisteva nell'unire tramite canali e fiumi le coste di tutta l'Unione - e dei loro tremendi danni che non verranno riassorbiti rapidamente, come nel caso del Volga deturpato o del lago Aral ormai definitivamente prosciugato. Ma si parla anche della desertificazione irreversibile del Madagascar o della subsidenza della pianura padana causata dall'estrazione di gas naturale dal sottosuolo o dell'impatto del vulcanismo sulla civiltà minoica.
L'autore sembra talvolta farsi prendere la mano dalla possibilità tecnica di risolvere alcuni problemi urgenti e gravi con rimedi che sarebbero assai peggiori dei mali: non si sente davvero il bisogno di attingere all'intercalare continentale (l'immensa falda acquifera fossile nel sottosuolo del Sahara) per trasformare in giardino la Libia o di rubare altra terra al mare in Olanda. Ciò significherebbe non aver capito quale dovrebbe essere lo sviluppo naturale (l'unico sostenibile) del pianeta che invece è stato così chiaramente esposto in precedenza. Più convincenti invece sono gli esempi di riconversione paesistica di alcune regioni (la Valle d'Aosta), soluzioni più legate alla vera vocazione di quello che una volta era il giardino d Europa.
E giardino l'Italia continua a esserlo, visto che ospita molte più specie vegetali rispetto al resto d'Europa, rivelando una diversità che potrebbe fare guardare il futuro con ottimismo, se non fosse per gli altri dati chiaramente esposti da Pignatti nel suo magistrale saggio. Basta scorrere il capitolo dedicato ai sistemi paesistici (primo tentativo italiano) per rendersi conto dello straordinario valore della variabilità mediterranea, fra un paesaggio carsico e uno lagunare o tra quello del Gennargentu e quello della Tuscia (colpisce la presenza di due soli sistemi nell'Italia meridionale a fronte della molteplicità di quelli alpini, forse in dipendenza della mancanza di un'esperienza diretta dell'autore). Un patrimonio, dunque, che è stato scarsamente tutelato, mal conservato e messo a repentaglio da decenni di politica miope e di interventi di rapina. Quella vegetale ? una componente essenziale del paesaggio; l'uomo, però, lo modifica profondamente per piegarlo all'imposizione del proprio schema mentale a cui non si è ancora contrapposto efficacemente un movimento d'opinione conservazionistico di cui Pignatti sottolinea la mancanza.
Nell'"Ecologia del paesaggio" si trovano definizioni articolate e complete che faranno cambiare idea a chi pensa che flora e vegetazione siano sinonimi e a chi non ha mai sentito parlare di fitomassa o del ruolo culturale della fitogeografia. Attraverso lo studio del mondo vegetale si accenna anche a una storia del rapporto uomo-natura in Italia; in fondo nessuno sa come era costituita la flora mediterranea qualche centinato di migliaia di anni fa: gli incendi e l'uomo ne hanno fatto un'altra cosa, quella che noi osserviamo oggi. L'origine e l'evoluzione della flora in Italia vengono poi legate alla storta geologica e gli eventi registrati dagli stratigrafi nel tempo hanno un loro riscontro nei fossili vegetali quanto e come in quelli animali. Da espressione dell'ordine naturale, la vegetazione ha assunto caratteri più complessi dopo l'avvento dell'uomo e non mancano gli esempi d'interventi distorti, sopportati da una robusta base di dati (sotto forma di tabelle).
Nemesi storica finale: le bufale - scacciate e sterminate nell'Agro Pontino - vi sono oggi state reintrodotte e pascolano liberamente quasi in riva al mare e attorno ai laghi costieri; l'incremento nella produzione di mozzarella pregiata ha costretto i figli degli immigrati di un tempo a trasformare di nuovo in acquitrini (habitat ideale del bufalo) quelle zone di pascolo che i loro nonni avevano prosciugato.

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