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Nicla immersa nei versi ci da una prova, ripetuta, della sua scrittura testimoniando la sua professione, alla fine di questa raccolta, nei “Ringraziamenti e altro”, perché vuole "inserire gocce di filosofia nella poesia" contro "i versi incomprensibili" e che privilegia la poesia che "contiene chiare profondità e sensualità". Ai lettori l’ardua sentenza. Spiazza spesso facendo perdere chi legge nei vicoli della mente e anche le tracce si scordano d’essere orme. I riferimenti poi sono solo nella parola e a volte neanche quella assicura. "Mia madre è morta / da tempo, / temo di non saperlo, / voi me lo rimembrate / tradendola, / succhiando ancor / il suo ombrellone / in spiaggia, / e le sue brevi nuotate / in quella distesa salina / che ancor / anelate". Un corpo a corpo con i termini nell’assoluto bisogno di comunicare ciò che difficilmente resta nel quotidiano. Non si può lasciarla del tutto perdere c’è sempre qualche verso che richiama, invita a sederti in spiaggia e a contemplare, per me, una ragazza e il Conero. La percentuale d’acqua in un essere è prevalente e in questi testi ci sta tutta, non mi stupirebbe se l’autrice fosse un’androgina sirena (doppio salto mortale dei generi) stufa di non farsi ascoltare e che si arena, brevemente, in modo da non farsi dire da altri quello che lei di continuo desidera. Intanto più volte si denuda con una lei e rischia l’amore. Il suo sguardo sovente è rivolto, il titolo del libro non lo nasconde, alle donzelle (termine usato per primo da Dante che nella “Vita Nova” vuol parlare d’amore con le: “…donne e donzelle amorose, con vui, / ché non è cosa da parlarne altrui…”. Donzella, per rimanere nel topos equoreo, che è anche un nome di pesce della famiglia dei labridi conosciuto anche con gli appellativi: girella, zingarella, cazzo di re. Così riporta il Treccani che mi fa sentire sempre ignorante).
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