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Descrizione


Nella Sassari degli anni Novanta il trentenne Pietro Aglientu, bibliotecario e aspirante scrittore, frequenta il corso di scrittura di Riccardo R. Golia, suo futuro editore, che però tiene i contatti con lui solo tramite lettere, non apparendo mai. Lisa e Barbara, collaboratrici dell'editore, chiedono a Pietro di ripercorrere attraverso le sue storie il proprio passato. Un semplice esercizio scrittorio diventerà così un esercizio di vita, l'esplorazione del suo mondo, a partire da quello oscuro dell'infanzia. Comincerà a ricostruirlo attraverso lettere e fotografie, alcune delle quali inquadrano una popolare festa sassarese, la Faradda. In mezzo alla folla di tanti anni prima scorge un misterioso individuo che ha una familiarità intraducibile. Passato e presente finiranno per incrociarsi tra storie di sesso e tradimenti. Gina, giovane e tormentata amante del padre, fornirà un primo indizio a Pietro a proposito della sua vera identità. E poi Ornella, l'anziana postina, che in un modo alquanto singolare lo indurrà ad andare avanti. A Napoli, in mezzo all'umanità derelitta dei Quartieri Spagnoli, il suo viaggio arriverà al capolinea. Sarà qui, in uno squallido albergo, che avverrà l'incontro unico, rivelatore e sconvolgente con Golia. A quel punto anche i nomi acquisteranno un significato.
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Dettagli

2014
29 maggio 2014
208 p., Brossura
9788878996649

Voce della critica

Vincitore del Premio Barney 2013 con il romanzo La metà del gigante, Gianfranco Cambosu presenta ai lettori un libro che non può definirsi noir né giallo, ma che racchiude una componente di “mistery”. La vicenda, strutturata in tre parti, è ambientata per buona parte in Sardegna, a Sassari, con un epilogo in continente, nel capoluogo partenopeo.

Un giovane bibliotecario ed aspirante scrittore, Pietro Aglientu,  invia copia dei suoi romanzi a case editrici nella speranza di veder finalmente pubblicato qualche suo scritto. La svolta avviene con la lettera della casa editrice Sogni Esagerati. Un’eventuale pubblicazione tuttavia è subordinata alla frequenza ad un corso di scrittura. Il suo futuro editore, Roberto R. Golia, però tiene  i contatti con lui solo tramite lettere facendosi sostituire in toto da due collaboratrici. Ad ogni lezione, attraverso una consegna, viene chiesto ai corsisti di  produrre uno scritto che ripercorra il loro passato. Per Pietro l’esercizio letterario diventa così esplorazione del suo mondo, a partire dal periodo dell’infanzia. La ricerca di vecchie fotografie, molte delle quali scattate durante una storica festa sassarese, la Faradda, gli fanno individuare tra la folla l’immagine sempre presente di un uomo a lui sconosciuto: “Fotografie. Tutte in bianco e nero. La prima è piuttosto strana. C’è un uomo che riconosco immediatamente. È il tizio che incrociavo da bambino d’estate, alla Festha Manna. E’ ripreso a mezzo busto, in giacca e cravatta. Ho come la sensazione che quell’abbigliamento non gli appartenga. Non so perché, ma trovo ogni cosa del suo aspetto innaturale.[…] Sfoglio le altre foto e almeno in una decina c’è lui, ripreso in ambienti diversi”(pag.91). Chi è quell’uomo? Così passato e presente finiscono per mescolarsi tra storie di sesso e di tradimenti. Gina, la compagna del padre, gli fornirà un primo indizio; poi Ornella, la postina, lo spronerà a proseguire nella ricerca in un modo molto singolare.

La terza parte del romanzo conduce Pietro a Napoli, nei Quartieri Spagnoli. Qui il suo viaggio a ritroso nel tempo giungerà al capolinea. E a questo punto il lettore rimarrà sicuramente stupito dell’epilogo e potrebbero tornare alla mente le parole lette, riguardanti una mail dell’editore che stimolava alla produzione di un elaborato durante il corso di scrittura:“Ebbene, anch’io nella mia vita ho conosciuto la gioia della creazione, ma anche quella della trasformazione, e di questo voglio rendervi partecipi”(pag.55).

La metà del gigante è un romanzo con un sottile filo di mistero fin dall’inizio, ma anche un romanzo che  porta alla luce delle problematiche attuali molto forti. L’autore ha saputo centellinare sapientemente nelle duecento pagine del libro tutti i momenti che ne formano l’impianto in modo tale che solo alla fine si giunga veramente alla conclusione. E proprio il finale esplode in un crescendo tale da lasciare a bocca aperta.

Una scrittura lineare, priva di fronzoli, ma con ottime connotazioni “ero un bel bambino, senza falsa modestia. Portavo una frangetta castana, di un castano tendente al fulvo, e avevo degli occhioni che sembrava dovessero inghiottire il mondo”(pag.42) e passaggi descrittivi degni di nota “Nell’appartamento la calma piatta amplifica ogni minimo rumore dall’esterno, azzera l’intimità. Raggiunto lo stanzino dei fogli e degli oggetti abbandonati, adocchio subito un piccolo scrigno incastrato tra un mobile e la parete. Là dentro c’è qualcosa che mi appartiene e che si anticipa all’olfatto prima che alla vista”(pag.90) preparano il lettore ad assaporare il vero gusto del racconto e dell’avventura.

Recensione di Clara Domenino

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