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Menachem Mendel
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1986
1 gennaio 1986
XVIII-172 p.
9788821161834

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MD
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I racconti di Shalom Aleichem, apparsi a puntate e principalmente su riviste jiddish, hanno una forma episodica e aperta, che permette ‘ad libitum’ numerose, se non infinite, integrazioni. Il romanzo epistolare “Menachem Mendel”, per esempio, fu costruito in modo tale da crescere su se stesso, e di fatto, tra il 1892 e il 1913, fu più volte rimaneggiato e ampliato. “Tewje der milchiger” (“Tewje, il lattaio”) fu pensato come un dialogo fra il protagonista e il suo autore, e fu ampliato dal 1894 fino al 1913. Ma torniamo per un attimo alla emblematica figura di Mendel (che per un lettore di letteratura mitteleuropea potrebbe dapprima richiamare il più noto capolavoro di Stefan Zweig, “Mendel dei libri”). Mendel è uno che specula, che azzarda, che è sempre alla ricerca spasmodica del colpo grosso, quello che cambia l’esistenza; però senza mai avere fortuna e tuttavia, nonostante ciò, senza mai demordere, personificazione – come il citato Mendel dei libri – di quel principio di speranza (‘Hoffnungsprinzip’), che probabilmente è stato formulato con esattezza dall’umile lavoratore della terra Tewje, e così recita: “Più si ha rabbia, più cresce la fede in Dio; più si è spiantati e poveri in canna, più si ha speranza”. Gli incessanti tentativi di Mendel di ribaltare le sue sorti poco felici, sembrano esprimere la medesima disperazione esistenziale operante nella rassegnazione di Tewje, a sua volta un rispecchiamento del dramma e della rassegnazione esistenziale del biblico Giobbe. Entrambi, Mendel e Tewje, condividono una grande dose di tragica autoironia, la sola che li rende capaci di fronteggiare le avversità della vita.

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Ben
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E' il libro che porterei con me se fossi costretta a sceglierne uno soltanto. A dir poco esilarante. Un libro per persone molto ironiche, da regalare ad ogni coppia di sposi.

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Voce della critica


(scheda pubblicata per l'edizione del 1985)
scheda di Costa, G., L'Indice 1986, n. 4

Sholem Aleichem, pseudonimo di Shalom Rabinovitz (1859-1916). è tra i più famosi narratori jiddisch del nostro secolo ed è considerato, al pari di Mendele Moicher Sfurim e I.B. Singer, tra i classici di questa letteratura. Il suo romanzo più famoso, "La storia di Tewje il lattivendolo", (1894) è un riuscito di affresco del tramonto dell'ebraismo nell'Europa orientale, problema che troviamo anche al centro del "Menachem Mendel", breve romanzo epistolare che occupò Sholem Aleichem per quasi un decennio.
Protagonista del romanzo è il "rev" Menachem Mendel, prototipo dello "shlimmazl", lo sfortunato buono a nulla, che in una fitta corrispondenza con la moglie Sheine Sheindl narra le sue tragicomiche avventure nei ghetti ebrei dell'Europa orientale alla disperata ricerca del benessere e del riscatto sociale. All'ingenuo fantasticare di Mendel, giocatore in borsa, mediatore di terreni e matrimoni, scrittore fallito, fa da contraltare lo schietto buon senso della moglie, rimasta ad attenderlo nel piccolo villaggio di Kasrilevke, la tipica "shtetl" misera e tradizionalista, teatro di quasi tutti i romanzi di Aleichem. Sullo sfondo il sogno di un'America luogo della ricchezza e delle facili fortune, terra promessa alla quale approderà anche Mendel.

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