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Melisenda e altre storie da non credere - Edith Nesbit - copertina
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Melisenda e altre storie da non credere - Edith Nesbit - copertina

Descrizione


Spiritosa, arguta, provocatoria, sovversiva: troppi sono gli aggettivi necessari per descrivere la vivacità della scrittura e delle trame ingegnate da una delle più popolari autrici per ragazzi del Novecento inglese. "Edith Nesbit viveva in una casa piena di allegria, cultura, bambini, disordine e sregolatezza aperta a tutti, dove allevava, insieme ai suoi, i figli che il marito aveva avuto da altre donne": così la descrive Bianca Pitzorno nell'antologia "Cento libri per navigare nel mare della letteratura per ragazzi", dove ha inserito come imperdibile il romanzo di Edith Nesbit "Cinque bambini e la Cosa". Ma quante sue trovate narrative sono ancora tutte da scoprire? Di certo quelle profuse a piene mani nelle nove storie presentate qui per la prima volta ai lettori italiani. Mescolando e parodiando i generi più classici della letteratura (per ragazzi e non), dalla fiaba ai romanzi d'avventura, da Lewis Carroll ai Viaggi di Gulliver, da Perrault a Shakespeare, Nesbit si diverte a intrecciare magia e logica, aritmetica e fantasia, umorismo e poesia, senza mai perdere l'occasione di canzonare gli adulti e le loro rigidità o di stuzzicare i piccoli lettori sfidandoli a uscire dal guscio delle loro certezze e abitudini consolidate. E sono proprio queste ricorrenti incursioni fuori dalla trama, per mettersi a tu per tu con i lettori, a stupirli e a spiazzarli di continuo e a rendere la lettura Età di lettura: da 10 anni.
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Dettagli

2012
26 settembre 2012
XIV-244 p., ill. , Rilegato
9788860367303

Voce della critica

"Scrivere storie, scrivere libri, è cosa ferocemente solitaria, anche quando viene fatta da madri di famiglia, sul bordo del tavolo da pranzo, in momenti rubati (…). Chi narra storie fabbrica nella propria testa ombre autonome e complete", scrive Antonia S. Byatt nel suo ultimo romanzo. Riflette sulla scrittura, quindi anche su se stessa al lavoro, ma qui sta parlando di Olive Wellwood, una dei protagonisti del Libro dei bambini (Einaudi, 2010), per la quale sappiamo che si è ispirata a Edith Nesbit (1858-1924), autrice delle nove storie che Donzelli qui propone con la consueta cura editoriale: efficacissima la traduzione, molto belle le immagini, interessante e puntuale l'introduzione della curatrice Rita Valentino Merletti. Rainer M. Rilke diceva che per diventare poeti bisogna tornare alla propria infanzia, e senza dubbio Nesbit attinse con originalità e umorismo alle difficili, nomadiche esperienze della sua infanzia e adolescenza, in esse trovando il filo che l'avrebbe condotta a scrivere, nel primo decennio del Novecento, racconti e romanzi di grandissimo successo: I bambini della ferrovia (1906; Rizzoli, 2007) fu un best-seller ed è tuttora uno dei libri più venduti della letteratura inglese per ragazzi oltre che una fortunata serie televisiva. "Anticonformista e ribelle – scrive Merletti nell'introduzione, – con un'insaziabile fame di vita, di esperienze diverse, di stimoli intellettuali, di impegno politico", questa donna intelligente riuscì a conciliare l'impegno politico, la passione letteraria e quella, allora decisamente insolita, per gli sport, con i doveri attribuiti alle madri. Lucida osservatrice e critica della società vittoriana, ma anche di quella edoardiana che seguì, attiva – con il marito Hubert Bland, Eleanor Marx, Bernard Shaw e H. G. Wells – nella Società Fabiana e in seguito nel Labour Party, Nesbit riuscì nell'impresa tutt'altro che facile per una donna di mantenere se stessa e la sua famiglia grazie al lavoro della propria penna. Non sorprende dunque che Byatt si sia ispirata alla sua figura e abbia voluto in un certo senso riproporne la biografia mettendola al centro di un'inedita scena narrativa. Dove si sente come un rimbalzare di immagini, di parole, di trame fantasiose, che dicono della durevole eredità lasciata da Nesbit a chi ha il gusto della narrazione. Protagonista di queste storie "improbabili, certo, ma anche divertenti, sorprendenti e molto, molto sapienti", scrive la curatrice del volume, "è la magia". Sì, quel particolare e sempre stimolante tipo di magia che si confonde con il sogno, con l'incantesimo, e al risveglio si mostra per quello che in realtà è, una lente d'ingrandimento della realtà. Leggendole a distanza di un secolo – leggendole ad alta voce a una bambina nata nel terzo millennio – mi accorgo che queste storie conservano intatto il loro sarcasmo sapiente, raccontano vicissitudini la cui improbabilità è tutta da dimostrare. Nesbit osserva con acume l'evolversi della società, il mutare delle abitudini sociali; rileva le contraddizioni fra una società profondamente conservatrice ed elitaria e le scoperte scientifiche, i progressi della tecnologia, le nuove teorie matematiche (Le conseguenze dell'aritmetica è un racconto letteralmente meraviglioso), e trasferisce tutto ciò in storie antipedagogiche che sono veri e propri marchingegni fantastici. "Storie da non credere", dice il sottotitolo. E se fossero invece a tal punto credibili, con i loro labirintici percorsi, le loro parodistiche peripezie, da essere oggi più vere che mai? Nell'Eccentrico usurpatore in abiti di flanella, "Qualcuno bussò alla porta dello studio del re. Lui sollevò lo sguardo dai progetti per le nuove lavanderie municipali e sospirò perché, dall'ora di colazione, era la ventisettesima volta che qualcuno bussava alla porta". L'ennesimo bussatore è il ministro del Bene Comune, indossa una tunica bianca e ha un bastone bianco. Del resto lo studio del re è d'un biancore assoluto. "Questo modo lindo di vivere non potrebbe andar bene per tutti, anche se tutti fossero re, perché comporterebbe un carico di lavoro eccessivo per la servitù". Ma il re di cui Nesbit ci racconta può contare su una governante speciale. "Grazie alla magia bianca, che è persino meglio del lavaggio a secco, ogni mattina le bastavano cinque minuti per esaurire i suoi lavori di pulizia". Pare di vederla, Edith Nesbit, seduta a un tavolo ingombro di oggetti, nella grande casa del Kent acquistata con i proventi della sua arte, mentre sferra sottili colpi di penna contro la società vittoriana per il divertimento di bambini e adulti: la magia come detersivo, il lavaggio a secco come termine di paragone in una società dove ancora le donne facevano il bucato con la cenere inginocchiate in grigi lavatoi di pietra. Ma non si accontenta di sottolineare e mettere alla berlina l'inutile fatica di molte faccende domestiche quotidiane, l'assurdità di quei "vestiti scomodi che stringono le braccia e pungono intorno al collo", e dei fiocchi, i guanti e i cappelli e i gancetti difficili da agganciare, e degli stivaletti lustrati fino a farli brillare ma che non bisogna assolutamente sporcare; Nesbit trasforma le bambinaie in macchine, "quelle macchine che si vedono nelle stazioni ferroviarie: diavolerie ingorde ed arraffone che inghiottono monetine in cambio di cioccolatini quasi invisibili e non danno neppure il resto", o addirittura, come nel racconto Il tucangallo, sputano fuori inutili rimproveri. E i cocchi dorati delle fiabe classiche nulla sono al confronto del magico omnibus che nello stesso racconto trasporta la piccola Matilda nel regno della principessa tagliente, dove la corona "divenne d'ottone, decorata con vetri di nessun valore e di pessimo gusto… e lo scettro si allungò fino a sei metri ed era piuttosto scomodo da trasportare". A Edoardo VII, il nuovo re d'Inghilterra, piacevano le donne, lo sport, il buon cibo e il buon vino. Poco si curava dei suoi sudditi, molto delle miniere sudafricane e dei piroscafi che solcavano i mari carichi di tessuti e spezie prelevati nelle colonie, e Nesbit fa del re un macellaio, e trasforma i soldati in würstel e i marinai in barboncini. Le storie di Nesbit, oltre all'ironia sferzante e alla brutale sincerità, hanno qualità cinetiche e visionarie modernissime, che risultano familiari ai giovani lettori contemporanei, abituati alle molteplici forme e alla velocità dei cartoon e dei film d'animazione. E le bambine s'identificano immediatamente nella piccola arguta Matilda e nella principessa Melisenda che dà titolo alla raccolta di racconti, non per gli abiti portentosi o l'inarrestabile chioma bionda, ma perché seguono con divertimento il progressivo liberarsi degli uni e dell'altra; e con altrettanto divertimento assecondano Nesbit, appassionata di matematica, verificando i calcoli e le misurazioni che ama inserire nei racconti, dove i numeri, le tabelline e le quattro operazioni danno spunto a godibilissimi momenti narrativi. "I capelli della principessa all'inizio erano lunghi un metro e crescevano di tre centimetri ogni notte. Basta una semplice moltiplicazione per sapere che in cinque settimane erano lunghi quasi due metri. Si tratta di una lunghezza piuttosto scomoda…" racconta Nesbit e, come per incanto, ecco che lettori e lettrici del terzo millennio si mettono a calcolare e, una volta verificato che il calcolo è giusto, passano ad aprire un altro cassetto di questa pressoché inesauribile riserva di sorprese. Anna Nadotti

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Edith Nesbit

(Londra 1858-1924) scrittrice inglese. Amica di G.B. Shaw e H.G. Wells, contribuì a organizzare il nascente partito socialista fabiano. Nella sua vasta produzione letteraria si distinguono libri per ragazzi, alcuni con lo sfondo accattivante di famiglie vivacissime (I cercatori di tesori, The treasureseekers, 1899), altri di intonazione magico-avventurosa (La storia dell’amuleto, The story of the amulet, 1906); e i racconti dell’orrore raccolti in Paura (Fear, 1910).

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