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La melanconia di Clara - Anne Raeff - copertina
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La melanconia di Clara - Anne Raeff - copertina

Descrizione


Un singolare e polifonico arazzo di vissuti ed esperienze che, a partire dal tempo della narrazione, attraversano a ritroso il secolo scorso seguendo una geografia divaricata da Vienna alla Cecoslovacchia, dalla Spagna al Marocco, da New York al New Jersey. Grazie all'espediente letterario scelto da Anne Raeff, ovvero quello di non dare a Clara alcuna voce, la prospettiva soggettiva della donna rimane celata, consentendo all'autrice di analizzare i motivi per cui alcune persone vengono rafforzate dalle avversità - anche quando queste avversità sono atroci come il genocidio - mentre altre ne escono sconfitte. Quella dell'Olocausto è una catastrofe che aleggia sulle storie di tutti i personaggi, ma l'autrice non fa leva sugli orrori dello sterminio nazista per catalizzare l'attenzione del lettore. Di fatto, il romanzo esamina con lucida sensibilità il modo in cui gli effetti di uno dei momenti più bui della storia incidono sul destino di una famiglia.
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Dettagli

2006
17 marzo 2006
345 p., Brossura
9788887583595

Voce della critica

Il notevole romanzo d'esordio di Anne Raeff oscilla tra i generi della saga familiare, della fiction storica e del realismo psicologico, narrando le vicende di tre generazioni di donne che, direttamente o indirettamente, hanno vissuto il dramma dell'Olocausto. Raeff sceglie di non dare voce alla protagonista Clara e di esporre la sua storia attraverso i punti di vista della madre Ruth e della figlia Deborah, in una narrazione alternata che riflette i due livelli temporali di presente e passato. La madre di Clara si trova, ormai ottantenne, ad assistere un malato di Aids al quale racconta la storia della sua vita, l'esperienza del campo di concentramento in cui ha miracolosamente partorito Clara, e gli effetti di tale esperienza sulla condizione attuale della sua famiglia. Allo stesso tempo, la figlia Deborah, un'adolescente tormentata e introversa, esplora il suo rapporto con la madre affetta da depressione, trovando in un attempato uomo irlandese un interlocutore privilegiato che le permette di far luce sui drammi che assillano la sua coscienza ancora troppo giovane e inesperta. La scrittrice non strumentalizza il tema dell'Olocausto con descrizioni accattivanti o patetiche, ma lascia trapelare i suoi effetti sullo sviluppo coscienziale delle tre donne, riuscendo, tramite la narrazione polifonica, a penetrare nei loro caratteri per esplorarne forze e debolezze. "Ci sono molti modi per raccontare una storia", afferma la madre Ruth, descrivendo metanarrativamente lo stesso intento dell'autrice: mantenere un equilibrio tra il dover raccontare un evento simile (per non rischiarne la cancellazione) e il non poterlo raccontare (per non svilirne l'entità attraverso l'eccesso di verbalizzazione e di soggettivismo). Dal punto di vista stilistico, la scrittrice dimostra una ragguardevole abilità descrittiva, alternando alla narrazione cronologica numerose aperture sulle percezioni sensoriali delle donne, e favorendo in questo modo un elevatissimo effetto di visibilità e tangibilità nelle sue ricreazioni spaziali e memoriali. Appropriato è inoltre il passaggio finale dalla narrazione intimista condotta in prima persona, al discorso indiretto in terza persona, il quale ribadisce la giusta distanza rispetto a un tema così delicato e sfuggente.   Federico Sabatini

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