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Meglio carcerati che carcerieri. I refuseniks israeliani raccontano la loro storia - copertina
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Meglio carcerati che carcerieri. I refuseniks israeliani raccontano la loro storia
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Descrizione


Il volume raccoglie le testimonianze di cinquanta "refuseniks", giovani israeliani che hanno rifiutato di prendere parte alla guerra in Libano e alla campagna di repressione nei territori occupati di Palestina. I ragazzi raccontano la loro storia, esponendo le ragioni che li hanno portati a rompere i ranghi e a disobbedire agli ordini, rischiando azioni disciplinari, il carcere, e talvolta affrontando l'ostracismo della famiglia per avere osato sfidare l'etica militare nazionale. Il libro comprende inoltre due saggi che ricostruiscino il contesto storico e politico del movimento dei refuseniks, le idee di disobbedienza civile non violenta e le convinzioni che lo animano.
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Dettagli

2003
1 maggio 2003
154 p.
9788872853535

Voce della critica

"Da adesso mai più". Questa è la frase con cui si conclude l'ultima delle dichiarazioni di soldati-obiettori riportate nel libro. "Mai più" è un'affermazione sentita innumerevoli volte da ogni israeliano con riferimento alla Shoa. Itai Haviv, capitano di artiglieria che si è rifiutato di prestare servizio nei territori occupati, parte da un'affermazione nota agli interlocutori e la rovescia per portarli a vedere il caso attuale in una nuova luce: "mai più" né vittime né carnefici.

Il libro è composto di testimonianze, lettere, dichiarazioni di obiezioni, accompagnate da due saggi del curatore che raccontano la storia del movimento e riflettono sulle giustificazioni teoriche della pratica del rifiuto selettivo. Il fenomeno dell'obiezione di coscienza selettiva, cioè del rifiuto di prestare servizio nei territori occupati senza rifiuto generale di prestare servizio militare purché nel territorio dello Stato d'Israele, comparve sporadicamente negli anni settanta dopo la guerra dei sei giorni del 1967 e l'inizio dell'occupazione dei territori palestinesi, divenne un fenomeno di dimensioni ragguardevoli durante l'invasione del Libano, per crescere sempre più negli ultimi anni, dopo la fine del processo di pace di Oslo. Fra il 2000 e il 2002 circa duecento soldati e ufficiali sono stati condannati a pene detentive per questo rifiuto.

La dottrina cui si richiamano i refuseniks >è l'antica dottrina dello ius in bello , secondo la quale esistono limiti oggettivi alle azioni lecite anche all'interno di una guerra giusta, e quindi agli ordini ai quali è lecito obbedire. Infatti i coscritti e riservisti israeliani si rifiutano di prestare servizio in unità che operano nei territori occupati ritenendo che l'occupazione di un territorio esuli dal diritto di uno stato all'autodifesa. La dottrina non è una teoria estremista, così come non sono estremisti i refuseniks >che non sono - temo occorra ricordarlo - avversari antimperialisti del colonialismo sionista. Non estremisti ma certamente coraggiosi, dato che compiono scelte impopolari fra i concittadini, non popolari fra gli ebrei del resto del mondo (per i quali è comprensibilmente meno facile che per loro dissociarsi in qualche modo da "Israele" - dove finisce il governo e inizia lo stato, dove finisce lo stato e inizia il popolo?) e poco note alle opinioni pubbliche di altri paesi. Va aggiunto che i siti web per chi voglia aggiornarsi sui refusenik >sono: ???

Per concludere, l'esistenza di persone coraggiose in un contesto dove da entrambi i lati, israeliano e palestinese, prevalgono paura e risentimento è un fatto importante. È la materializzazione di una speranza che bisogna>avere, anche se, poiché le diagnosi stoiche danno poche speranze, solo in nome di un'esigenza morale. Ma due o tre volte nel corso della storia i moralisti hanno visto giusto e i realisti non hanno avuto abbastanza senso della realtà.

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