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recensione di Garofani, B., L'Indice 1997, n. 2
In "Medioevo riformato" Giuseppe Fornasari raccoglie una serie di articoli redatti negli ultimi vent'anni riguardanti la cosiddetta "svolta dell'XI secolo" e in particolare due tra i suoi massimi protagonisti, Gregorio VII e Pier Damiani. Si tratta di un tentativo notevole di investigare la spiritualità della riforma gregoriana liberandola dai rigidi schemi "evenemenziali" in cui spesso è stata circoscritta da parte della storiografia passata, soprattutto tedesca. La riforma e i suoi esiti concordatari del secolo XII non possono essere ridotti alla mera lotta politica tra papato e impero risoltasi con lo strumento pattizio di Worms: nasce di qui il proposito dell'autore di farne riscoprire al lettore il valore spirituale e la grande incidenza religiosa e sociale.
Di centrale importanza all'interno del volume sono la continua attenzione storiografica - arricchita dalle riflessioni e dai "percorsi" di aggiornamento degli "Addenda" - e la rigorosa rilettura delle fonti, svolta in una prospettiva storico-teologica. Particolarmente approfondita è l'analisi dell'epistolario di Gregorio VII, di cui, superando il classico approccio di tipo politico-diplomatico, si tenta di riscoprire la dimensione mistica e il messaggio teologico-pastorale troppo spesso sottovalutati o trascurati. Appare così un Gregorio nuovo. Fornasari, pur tenendo sempre presenti le componenti di carattere più propriamente politico, sfuma l'immagine dell'uomo di Canossa bloccato sulla dialettica regnum-sacerdotium, per far riscoprire i tratti di un Gregorio profeta e uomo spirituale. Come testimoniano le frequenti mediazioni bibliche, patristiche e canonistiche presenti nei suoi scritti, il pontefice non è un uomo di scarsa preparazione teologica, tutto risolto nella prassi: sono fondamentali in lui la difesa della libertas ecclesiae, la desacralizzazione del potere politico, le riflessioni mariologiche, le presenze e i superamenti di una teologia monastica, il concetto teologico di ius canonicum.
E Pier Damiani? Anche in questo caso Fornasari si propone di eliminare alcuni pregiudizi storiografici che vedono nell'eremita di Fonte Avellana e in Gregorio due modi contrapposti di concepire la riforma. Per l'autore la chiave di lettura delle due ecclesiologie non è l'astratta contrapposizione, ma l'integrazione: l'interpretazione tendenzialmente escatologica di Pier Damiani e quella prevalentemente incarnazionistica di Gregorio non sono poste in alternativa, ma analizzate in un'ottica di ricerca delle consonanze e delle dissonanze. Anche se l'eremita, morto nel 1072, non ebbe modo di vedere il dispiegarsi della riforma, è indubbia la sua forte influenza sul papato nel periodo 1050-60. Pier Damiani è però soprattutto un eremita: non è un caso che le sue opere sistematiche siano dedicate alla regolamentazione della vita solitaria, mentre i trattati e le lettere di argomento politico sono più legati a situazioni contingenti, a quel contingente che per lui deve sempre essere superato in una finalizzazione "metastorica" e "metapolitica".
Nell'opera di Fornasari si incontrano numerosi altri interlocutori: Anselmo da Lucca, Ubaldo da Gubbio, Silvestro Guzzolini e soprattutto Urbano II, impegnato nella difficile gestione della fase postgregoriana, quando si richiedeva un grande equilibrio per preservare il nucleo essenziale delle idee riformatrici. "Medioevo riformato" costituisce una tappa importante per gli studi su questo periodo, ma poiché - come sottolinea più volte l'autore - "nessun autentico problema storiografico può mai dirsi esaurito", si pone soprattutto come un punto di partenza grazie ai numerosi spunti di ricerca e di approfondimento che offre.
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