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«Matelda» racconta, attraverso la personale esperienza dell'autore, l'incontro di una generazione con la poesia. Un ragazzo cresciuto nel doveroso culto scolastico della «triade» (Carducci - Pascoli - D'Annunzio) scopre da sè l'Ermetismo e se ne innamora. Per tutta la vita lo accompagneranno le voci dei suoi poeti; per ogni avvenimento egli troverà il verso che lo illuminerà. C'è anche qualcosa però che il libro non racconta, ma sottintende: la difficoltà, per la generazione di Cancogni, di accettare il superamento dell'Ermetismo. Ciò denuncia un difetto di comprensione, ma accresce il valore testimoniale del libro. A me è rimasta impressa un'osservazione, che mi pare compedi il senso del testo, e mi piace citarla in conclusione: «Se la poesia non si impara a memoria vuol dire che non la si ama. E se non la si ama è inutile studiarla: non serve. E non ci verrà in aiuto quando ce ne sarà bisogno, nei momenti seri, che poi, a ben vedere, sono tutti i momenti della vita».
Recensioni
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Matelda è il racconto della passione di una vita. La passione è quella per la poesia, e i protagonisti di questa storia d’amore, a metà strada tra autobiografia letteraria e uno “strambo memoriale”, come lo definisce l’autore, portano i nomi di Ungaretti, Montale, Penna, Betocchi, Caproni, Giotti e Luzi. Con Matelda, opera davvero unica nel panorama letterario di questo fine secolo, Cancogni disegna uno straordinario e ben preciso ritratto della nostra tradizione poetica, rovesciando il canone a favore di esperienze appartate, incrociando il giudizio di valore con la propria storia di uomo e di scrittore, raccontando se stesso e la storia d’amore che continua a segnare i suoi passi.
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