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Marzo 1943. «Un seme della Repubblica fondata sul lavoro» - Roberto Finzi - copertina
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Marzo 1943. «Un seme della Repubblica fondata sul lavoro» - Roberto Finzi - copertina

Descrizione


Vista in una prospettiva più ampia di quanto la storiografia a essa dedicata abbia in genere fatto, spogliata da ogni elemento mitico o propagandistico, quella del marzo 1943 fu una lotta che per diversi aspetti segnò fortemente il cammino successivo della storia italiana e il volto della Repubblica che dalle rovine del fascismo scaturì.
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Dettagli

2013
14 febbraio 2013
156 p.
9788849137811

Voce della critica

Gli scioperi che iniziarono a Torino il 5 marzo 1943 e rapidamente si estesero a gran parte dell'Italia settentrionale costituiscono un momento senza precedenti, per durata e diffusione territoriale, di mobilitazione operaia contro la guerra e rappresentano, come ha scritto Tim Mason, uno dei tanti storici inglesi che si sono distinti per il contributo rigoroso portato alla comprensione dell'Italia del Novecento, "il primo atto di resistenza di massa di un popolo assoggettato a un regime fascista autoctono". Sono anche un fattore almeno indiretto del crollo del regime fascista italiano, in tal modo incidendo in profondità sul corso della guerra, e anticipano una delle modalità che caratterizzeranno lo svolgimento della Resistenza italiana, cioè il suo stretto intreccio con le agitazioni operaie. Lo storico bolognese Roberto Finzi, che quarant'anni fa dedicò loro uno dei suoi primi lavori, torna, come lui stesso dice, "sul luogo del delitto", in un clima culturale e politico profondamente (e non certo felicemente) mutato. La dinamica di questa grande lotta della classe operaia italiana, la prima dopo oltre quindici anni di silenzio, è già stata rievocata molte volte dai protagonisti e ricostruita accuratamente dagli storici. A lungo il dibattito storiografico si è concentrato sul nodo, scottante e carico di valenze ideologiche negli anni sessanta e settanta, del rapporto fra spontaneità e organizzazione. Due interpretazioni si sono a lungo contrapposte: da una parte quella (avallata anche, almeno per alcuni anni, da parte della storiografia comunista) che vede la classe operaia, già consapevole della sua funzione nazionale, mobilitarsi dietro le parole d'ordine antifasciste del Pci, al quale viene riconosciuta una funzione quasi demiurgica; dall'altro quella, non meno ideologizzante, che vede sempre le masse più avanti del partito, e che negli scioperi del marzo 1943 coglie una manifestazione spontanea di autonomia operaia; che riduce al minimo la rilevanza dell'azione delle avanguardie comuniste nella preparazione della lotta, individuando nelle parole d'ordine antifasciste che le si sovrapposero una camicia di forza al libero svolgimento dell'azione operaia, oppure un tentativo di "usare" quest'ultima per fini che le sarebbero stati estranei. In realtà, come dimostra in modo eccellente il saggio di Finzi, gli scioperi del marzo 1943 appaiono un intreccio non scindibile dei due fattori. Le rivendicazioni economiche da cui nacquero erano strettamente fuse con quelle politiche: gli operai avevano chiarissimo il nesso tra fascismo, guerra e disastrose condizioni di vita e di lavoro, e quindi erano consapevoli del significato politico che assumeva la loro lotta. Finzi mostra anche efficacemente che le agitazioni operaie del marzo 1943 impressero un'accelerazione allo scollamento delle giunture scricchiolanti del regime già prima dello sbarco degli Alleati in Sicilia. Dal segnale degli scioperi gli industriali trassero rapidamente le conseguenze, accelerando la manovra di sganciamento dal regime che avevano cautamente incominciato. Non meno chiaramente quel segnale fu percepito anche dai vari ambienti conservatori (settori della corte, l'esercito, l'alta gerarchia della chiesa, la burocrazia dello stato) che avevano tutto da perdere da una soluzione radicale della crisi in cui la guerra fascista aveva sprofondato il paese. La lezione degli scioperi di marzo insegnava che bisognava prevenire qualsiasi ipoteca delle masse lavoratrici e dei partiti pur deboli e dispersi che ambivano a rappresentarle sul governo che avrebbe raccolto l'eredità del regime moribondo. Dunque il 25 luglio sarà sì il frutto di una congiura di palazzo, in cui apparentemente le masse popolari e i partiti antifascisti non svolgeranno alcun ruolo: ma sarà anche il risultato di un processo che gli scioperi di marzo avevano reso più rapido e spinto verso la sua conclusione. In questo senso essi possono ancora, settant'anni dopo, essere considerati il primo capitolo della Resistenza italiana; o in senso ancora più generale, come è sottotitolato il lavoro di Finzi, "un seme della Repubblica fondata sul lavoro", quale è definita nell'articolo 1 della Costituzione italiana. Anche alle forze antifasciste gli scioperi indicavano una strada. Davano a quelle di sinistra, forse per la prima volta da quasi vent'anni, la sensazione di non muoversi nel vuoto, e costringevano quelle moderate a rapportarsi con un soggetto sociale che si ripresentava sulla scena con tutto il suo peso. Il ruolo svolto dai comunisti nelle agitazioni di marzo era poi un segnale particolarmente significativo: la conferma che essi erano, se non la sola, la principale forza in grado di esprimere politicamente la classe operaia, di farla muovere e contare come protagonista.   Aldo Agosti    

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Conosci l'autore

Roberto Finzi

1941, Sansepolcro

Ha insegnato storia economica, storia del pensiero economico, storia sociale negli atenei di Bologna, Ferrara e Trieste. Ha pubblicato con alcune tra le maggiori case editrici italiane e in numerose riviste italiane e straniere. Suoi lavori sono stati editi, oltre che in Italia, in Argentina, Belgio, Brasile, Cina, Francia, Gran Bretagna, Giappone, Spagna, Stati Uniti. Tra le sue opere si segnalano la cura di "A.R.J. Turgot, Le ricchezze, il progresso e la storia universale" (Einaudi, 1978) e le monografie "L’antisemitismo. Dal pregiudizio contro gli ebrei ai campi di sterminio" (Giunti-Castermann, 1997), "L’università italiana e le leggi antiebraiche" (Editori Riuniti, 1997), "Ettore Majorana. Un’indagine storica" (Edizioni di storia e letteratura, 2002) e "La superiore...

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