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Che nell’opera di Heidegger vi fossero spunti importanti di una riflessione sulla traduzione era noto; ma che proprio la traduzione potesse fornire la chiave per un confronto decisivo con tutto il suo pensiero, che – come suggerisce senza riserve il titolo – la filosofia di Heidegger fosse essenzialmente una teoria della traduzione, ecco una tesi davvero innovativa nella già troppo vasta letteratura heideggeriana.
Giometti non si limiterà, però, ad argomentare con rigore e intelligenza queste tesi; egli esamina la stessa prassi della traduzione in Heidegger, le sue tanto discusse traduzioni dai greci per scorgervi il luogo in cui il pensiero del filosofo trova il suo limite e, insieme, il suo compimento e dice ciò che non avrebbe altrimenti potuto dire. E, in questo punto in cui teoria e prassi conducono nel concetto estremo di “uso”, comincia a poco a poco a delinearsi la figura di un’altra lingua, la “lingua in cui l’occidente si traduce” nel suo incessante corpo a corpo con le proprie origini e la propria fine.
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Questo lavoro, con la chiarezza dell'ottima traduzione fa un contributo enorme all'argomento. Veramente un libro indispensabile per chi si occupa e si specializza in questo campo sempre piu' attuale.
Come ha recentemente riconosciuto Massimo Cacciari, il problema della traduzione non è appunto un problema ma piuttosto una chiave di lettura indispensabile per rileggere tutto il cosiddetto secondo Heidegger, il più oscuro e controverso. Questo libro, dalla chiarezza apollinea e dall'estrema rigorosità logica del suo ragionamento, si pone dunque come passaggio obbligato per chi voglia comprendere l'autore dei "Sentieri erranti nella selva".
Troppo spesso si attribuisce un valore minore ad aspetti particolari del pensiero di un grande filosofo: questo libro dimostra come questo sia un errore capitale, ben al di là della filosofia della traduzione. Uno dei pochi contributi italiani "autentici" alla conoscenza del pensiero di Heidegger.
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