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Il manuale del debuttante russo
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Il manuale del debuttante russo - Gary Shteyngart - copertina
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manuale del debuttante russo

Descrizione


Vladimir Girškin conduce un’esistenza noiosa in un piccolo appartamento dell’East Side di New York. Non sa ancora chi è e cosa vuole fare della sua vita, e trascorre le giornate lavorando in una società per l’Inserimento degli Immigrati.

«La grande tradizione fantastico-satirico russa, da Gogol’ a Bulgakov… a Shteyngart.» - The New York Times

«Portnoy incontra Čechov. Che cosa ci può essere di meglio?» - Adam Gopnik

Al suo fianco c’è la fidanzata Challah, dal «profumo nauseabondo d’incenso e muschio», una ragazza semplice che si guadagna da vivere facendo la prostituta di lusso. Nella ricerca della realizzazione personale certo non gli è d’aiuto la madre, che non perde occasione di elencargli i suoi fallimenti. E ancora meno il padre, un medico che si è arricchito con metodi poco ortodossi. Un giorno irrompe nel suo ufficio uno strano individuo, Rybakov: un eroe di guerra russo, anziano e nevrotico, che sostiene di parlare con i ventilatori. Come tutti gli altri chiede una cosa sola, la naturalizzazione. Ma a differenza degli altri, Rybakov fa qualcosa per Vladimir: gli offre una mazzetta e anche un lavoro più redditizio al servizio di suo figlio, un pericoloso individuo noto con l’appellativo di Marmotta. Da questo momento Vladimir si ritroverà catapultato nella Republika Stolovaja, invischiato in loschi affari e in una serie di eventi tragicomici e grotteschi, che lo porteranno, forse, a trovare una via per realizzare le sue ambizioni.
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Dettagli

2
2017
2 marzo 2017
468 p., Brossura
9788823515888
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Indice

Le prime pagine del libro

La storia di Vladimir Girškin – metà P.T. Barnum e metà V.I. Lenin, l’uomo che conquistò mezza Europa (benché la metà sbagliata) – inizia come tante altre. Un lunedì mattina. In un ufficio. Con la prima tazza di caffè istantaneo bevuto nella sala di ritrovo.
La sua storia comincia a New York, all’angolo tra Broadway e Battery Place, l’angolo più malridotto, dimenticato e non profit del quartiere finanziario di New York. Al decimo piano la Società per l’inserimento degli immigrati Emma Lazarus accoglie i clienti con le sue pareti tipicamente intonacate di giallino coperte di macchie d’umidità e le solite idrangee semidefunte di qualsiasi triste ufficio governativo del Terzo Mondo. Davanti al banco della reception, sotto la pressione cortese ma ferma di alcuni ben addestrati addetti all’assimilazione, turchi e curdi rispettavano la tregua, i tutsi stavano pazientemente in fila dietro gli hutu, i serbi chiacchieravano con i croati vicino alla fontanella demilitarizzata.
Nel frattempo, nell’ingombro ufficio sul retro, l’impiegato Vladimir Girškin, l’immigrato per eccellenza, l’espatriato per definizione, perenne vittima di ogni barzelletta inventata intorno alla fine del ventesimo secolo e improbabile eroe dei nostri tempi, si sta dando da fare con il primo panino doppio della giornata, imbottito di soppressata piccante e avocado. Come gli piacciono la spietata durezza della soppressata e il burroso retrogusto del tenero avocado! Per quel che lo riguarda, nell’estate del 1993, la proliferazione dei panini bifronti è quanto di meglio succeda a Manhattan.
Oggi Vladimir compie venticinque anni. Ha vissuto in Russia per i primi dodici, e tredici li ha trascorsi qui. A tanto assomma la sua vita, una vita in procinto di cadere a pezzi.
Quello sarebbe stato il peggior compleanno di tutti. Il suo migliore amico era in Florida a guadagnarsi i soldi dell’affitto facendo cose innominabili con persone improponibili. Istigata dagli scarsi successi ottenuti dal figlio nel corso del primo quarto di secolo della sua vita, la madre era scesa sul sentiero di guerra. E per concludere, il 1993 è l’Anno della Fidanzata nella sua versione peggiore: una depressa ragazza americana di corporatura massiccia, i cui capelli arancioni hanno invaso la stamberga di Alphabet City come una schiera di conigli d’Angora. Una fidanzata con un profumo nauseabondo d’incenso e muschio che si è incollato come una patina sulla pelle poco pulita di Vladimir, forse per ricordargli cosa si poteva aspettare per quella sera, la sera del suo compleanno: Sesso. Una volta alla settimana, tutte le settimane, dovevano fare sesso, poiché entrambi, Vladimir e quell’enorme donna pallida, quella pagnotta Challah, ritenevano che senza una settimanale dose di sesso la loro relazione, in base a una qualche misteriosa legge che regola le relazioni, si sarebbe conclusa.
Sì, una notte di sesso con Challah. Challah dalle guance paffute e il naso a ravanello che, malgrado le lacere gonne nere, i bracciali gotici e i crocifissi che si faceva rifilare dai più assurdi negozi di downtown, conservava un’aria troppo matronale e provinciale. Una notte di sesso, un’offerta che Vladimir non osava rifiutare, considerata la prospettiva di risvegliarsi in un letto completamente vuoto; be’, vuoto fatta eccezione per il solingo se stesso. Com’è che funziona? Apri gli occhi, ti volti e guardi in faccia... la sveglia. Una faccia indaffarata e spietata che, diversamente da quella di un’amante, dice solo «tic tac».
All’improvviso Vladimir si accorse che dall’ingresso arrivavano le grida di un vecchio russo: «Opa! Opa! Tovarišč Girškin! Ahi! Ahi! Ahi!»
Ah, i clienti. Che problema. Il lunedì mattina arrivavano prestissimo, avendo passato il fine settimana a fare le prove generali dei loro guai con gli amici più ributtanti, a esercitarsi negli atteggiamenti più aggressivi davanti allo specchio del bagno del monolocale di Brighton Beach dove vivevano.
Era tempo di agire. Vladimir appoggiò le mani alla scrivania, si fece coraggio e si alzò. Tutto solo in quell’ufficio sul retro, senza punti di riferimento oltre alla mobilia – sedie e tavolini delle dimensioni adatte a un asilo nido – di colpo si sentì considerevolmente alto. Un uomo di venticinque anni con una camicia Oxford ingiallita sotto le ascelle, i pantaloni con i risvolti sdruciti in maniera comica e un paio di mocassini che portavano i segni neri di un incidente domestico con il fuoco, faceva rimpicciolire l’ambiente come il solitario grattacielo che avevano costruito nel Queens, di fronte all’East River. L’impressione tuttavia non corrispondeva al vero: Vladimir era di bassa statura.

Valutazioni e recensioni

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ginsengman
Recensioni: 2/5

Avevo letto il piacevolissimo "Destinazione America" e mi ero lanciato su questo romanzo di esordio...ma è stata una grossa delusione: molto noioso, a tratti incomprensibile, abbandonato a metà strada!

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FranB
Recensioni: 4/5

Un libro divertente e piacevole, dove gli stereotipi sul popolo russo sono utilizzati per costruire una storia che appassiona e intrattiene. Consigliato.

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Recensioni

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Voce della critica

“Ti innamori di una donna, ti disinnamori di una donna, ma il tuo migliore amico rimane lì, anche se non sempre è l’individuo più piacevole con cui stare. Il fatto è che non sai mai quando puoi aver bisogno del vecchio Baobab”. (p. 139)

L’autore di questo romanzo, il suo primo, recentemente pubblicato da Guanda, è secondo me un grande, perché senza averlo mai conosciuto, senza aver mai sentito parlare di lui, aver visto o ascoltato o anche solo letto una sua intervista, con la sua scrittura ha richiamato alla mia mente un grandissimo scrittore americano. Parlo di Kurt Vonnegut.
Gary Shteyngart scrive quasi 500 pagine come se rivelasse un lungo sogno, come se ce lo raccontasse appena sveglio al mattino, e guarda caso il libro finisce proprio con una scena di lui in cucina che guarda fuori dalla finestra. Kurt era così, Gary è così, i suoi personaggi sono così, vivono sognando, progettando e proiettando sguardi e pensieri, idee e maledizioni, guardano avanti anche quando guardano indietro. Vite paradossali, al limite dell’assurdo, ma cariche di un fascino inesauribile.

Il protagonista assoluto, dominatore di tutte le scene è Vladimir Girskin, russo di origine ebrea, emigrato (o cacciato) negli Stati Uniti. È un bravo ragazzo, un uomo su cui la famiglia, specie la madre punta tutto, sicura di un successo eclatante, scritto, inevitabile.
Naturalmente non va così, anzi, Vladimir diciamo che si organizza una vita normale, con poche cose in più. Lui aiuta i nuovi immigrati lavorando nell’ufficio di una associazione che si occupa di coloro che si devono sistemare nel nuovo mondo, da qualunque parte del vecchio provengano.
Naturalmente non va così, anzi, Vladimir diciamo che si organizza una vita normale, con poche cose in più. Lui aiuta i nuovi immigrati lavorando nell’ufficio di una associazione che si occupa di coloro che si devono sistemare nel nuovo mondo, da qualunque parte del vecchio provengano.
E qui entra in gioco uno dei due aspetti fondamentali che animano questa storia fino alle ultime righe: l’amicizia. Entra in gioco Baobab, il migliore amico di Vladimir, colui che sarà capace nell’arco di poche ore di metterlo prima nei guai e immediatamente dopo di salvargli letteralmente il culo. Siamo al momento della crisi, fulminea, potente, non si può tornare indietro bisogna scappare più in fretta possibile e stando bene attenti a dove si mettono i piedi, ma Vladimir, paradossalmente tornerà proprio indietro, nello spazio e nel tempo. Si apre il secondo tempo del libro, non c’è pubblicità rimanete lì, e vi ritrovate in una fantomatica repubblica dell’est, su cui grava la cappa grigia di Santa Madre Russia. Un rewind di tredici anni per Vladimir, che cancella quasi tutto il suo percorso Est-Ovest, e lo coinvolge in una storia assurda fatta di ciò che cercava in America: soldi, successo, amicizie. Qui, nella Republika Stolovaja, nel 1993, ci sono tutte queste cose, in abbondanza per Vladimir e tutto il suo nuovo entourage, ma siamo appunto nella Republika Stolovaja, terra di grandi bugie, secondo aspetto fondamentale insieme all’amicizia. Bugie ed amiciza, due elementi che per definizione non dovrebbero proprio andare a braccetto, ma anche questo rende più affascinante questa paradossale nuova guerra fredda est-ovest, e chissà sé in questi giorni in cui noi leggiamo Il manuale del debuttante russo, se il nostro autore sta scrivendo un improbabile Manuale del debuttante Nordcoreano.

Buona lettura, divertitevi.

“Non so se sono una brava o una cattiva persona” disse. “Forse si tratta di una cosa che non si può sapere. Ma in questo momento sono l’uomo più felice del mondo”. (p. 303)

Recensione di Claudio Della Pietà

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Conosci l'autore

Gary Shteyngart

1972, Leningrado

Shteyngart passa i primi sette anni della sua infanzia a San Pietroburgo. La sua famiglia, stando alla descrizione che lui stesso ne ha dato, era una famiglia tipicamente Sovietica. Il padre era ingegnere in una fabbrica di macchine fotografiche; la madre una pianista. La famiglia Shteyngart si trasferisce negli Stati Uniti nel 1979. Il piccolo cresce senza televisione, e non parla inglese; non perde il suo accento russo fino all'età di quattordici anni.  Dopo un breve ritorno in Russia, un viaggio a Praga lo aiuta a scrivere il suo primo romanzo, ambientato nella fittizia città europea di Parva. Si diploma alla Stuyvesant High School a New York, consegue una laurea in scienze politiche presso l'Oberlin College (Ohio) e all'Hunter College della City University of New York...

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