Il manifesto degli attori anonimi

James Franco dichiara di scrivere liberamente perchè non vive di scrittura, ma di recitazione. Consiglia a tutte le persone con velleità artistiche di mantenersi un'area pura dove non scendere a compromessi, e di guadagnare altrove. Probabilmente non ha capito ancora nemmeno lui se la sua zona di espressione più libera sia la regia o la scrittura. James Franco è un attore di talento, a me piace. Se devo poi dire in quanti film l'abbia davvero visto mostrare le sue qualità, mi sa che me ne vengono in mente 2 o 3 in mezzo ai quasi 100 ruoli che ha interpretato. "127 Ore"? "Spring Breakers"? "Milk"? Questo è il suo primo libro che leggo, e mi ha divertito. Nulla che non si sia mai letto, anzi. Sembra quasi un Bret Easton Ellis con 30 anni di ritardo. E senza Mtv. La costruzione modellata sui 12 passi degli alcolisti anonimi è un giochino che lascia il tempo che trova, ma ci sono alcuni racconti riusciti. Come il grottesco Tebaldo 12enne, futuro stupratore, che si innamora di una grossa Giulietta. O come il volontario nell'ospedale per bimbi malati e deformi che finisce per girare un folle film amatoriale dal titolo "L'ospedale del crimine". I protagonisti sono tutti personaggi legati al mondo della recitazione. E Franco mi sembra che riesca piuttosto bene a raccontare la vita disastrata di interpreti falliti, probabilmente dando forma alle sue più nascoste paure, a quella che sarebbe potuta essere la sua esistenza se non fosse diventato una star. Ovviamente Franco lavora sul pericoloso crinale della non fiction, mettendo in campo se stesso e varie declinazioni di James Franco attore, scrittore, regista e figlio. Quando sentenzia sui massimi sistemi del cinema è scontato. Quando parla dei suoi amori cinematografici raramente emoziona (forse giusto nel ricordo di River Phoenix). Quando si scatena nella metal