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Con una voce ruvida e di arcana bellezza, Rosa Ventrella scrive un magnifico corale, animato da comari, briganti e mammane, in cui protagonista è anche la terra: un lembo di Puglia aspro e profumato, coperto da rovi e fichi d'India, capace di dare tutto e tutto togliere.
«Un profondo Sud, dalla guerra agli anni 50. Una storia al femminile, tra italiano e dialetto. E una scrittrice, Rosa Ventrella, che per i francesi è già la "nuova Ferrante"» - Marco Bracconi, Il Venerdì
Nonno Armando aveva il dono della narrazione. Mio padre quello del silenzio. Nonna Assunta la saggezza contadina. Mia madre e mia sorella, la bellezza. Io? Il mio dono lo dovevo ancora scoprire. Per gran parte della mia infanzia sono stata solo a guardare.
Teresa e Angelina sono sorelle diverse in tutto: tanto delicata, schiva e silenziosa è Teresa, la voce narrante di questa storia, quanto vitale, curiosa e impertinente è Angelina, la sorella più piccola. Siamo all'inizio degli anni Quaranta a Copertino, nelle Terre d'Arneo, un'immensa distesa di campi coltivati nel cuore della Puglia. Qui, Teresa e Angelina crescono in una famiglia di braccianti, povera ma allegra e piena di risorse: i nonni sono dei grandi narratori, briganti, lupi e masciare diventano vivi nei loro racconti davanti al camino, mentre la madre Caterina ha ricevuto in sorte una bellezza moresca, fiera, che cattura gli sguardi di tutti gli uomini, compreso quello del barone Personè, il latifondista più potente del paese. "La tua bellezza è una condanna" le dice sempre nonna Assunta. Una bellezza - e una condanna - che sono toccate in eredità ad Angelina. Quando il padre parte per la guerra lasciando sole le tre donne, Caterina per mantenere le figlie non ha altre armi se non quella bellezza, ed è costretta a cedere a un terribile compromesso. O, forse, a un inconfessabile desiderio. È qui che comincia a essere braccata dalla malalegna , il chiacchiericcio velenoso delle malelingue, un concerto di bisbigli che serpeggia da un uscio all'altro e la segue ovunque. Questa vergogna, che infetta tutta la famiglia, avrà su Angelina l'effetto opposto: lei, che non sopporta di vivere nella miseria, inseguirà sfacciatamente l'amore delle favole. Anche a costo di rimanerne vittima. Sono la nostalgia e il rimpianto a muovere con passo delicato la voce di Teresa, che, ricostruendo la parabola di una famiglia, ci riconsegna un capitolo di storia italiana, dalla Seconda guerra mondiale alle lotte dei contadini salentini per strappare le terre ai padroni nel 1950.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Non è ben chiaro a cosa la narrazione voglia condurre. Non si assiste ad un evento cruciale ben inquadrato attorno a cui si sviluppi il romanzo. L'ambientazione è nel contesto salentino ma c'è una mescola di dialetti: campano, siciliano e, solo a tratti, salentino. L'autrice avrebbe potuto curare di più l'aspetto della lingua di ambientazione
Ambientato nelle terre salentine dagli anni Quaranta agli anni Settanta , “La Malalegna” è una brillante saga famigliare che mette in luce le difficoltà e i sentimenti della famiglia Sozzu, modesti braccianti. Teresa, voce narrante, ci trasporta a Copertino e ci racconta della madre, oggetto di “scuorno” per la sua relazione con il Barone Personé, e di Angelina, sua sorella minore. Angelina, a differenza di Teresa, è spigliata, attraente e affascinante; ella, di natura ambiziosa, sogna un futuro roseo, lontano dalla miseria e dalla povertà. Questo desiderio però la condurrà a un’esistenza difficile e priva di amore e affetto famigliare. Suddiviso in quattro parti, il romanzo mette in luce la rassegnazione, i compromessi, le malelingue e le vendette che segneranno profondamente i legami della famiglia Sozzu. Con uno stile scorrevole e piacevole, Rosa Ventrella ammalia il lettore con un romanzo corale ricco di luci e ombre.
La parola è ambigua: può avere il potere di distruggere con il bisbiglio, la “malalegna”, che contamina e si spande come un contagio; ma può essere anche strumento di riscatto, quando consegna alla memoria un mondo che altrimenti non avrebbe voce. È questo il difficile compito che viene affidato a Teresa, la quale alle parole ha sempre preferito i numeri per cercare un ordine nella realtà, ma che da adulta, forte della conquista della propria identità, come pegno d’amore ripercorre in quanto voce narrante le vicende della propria famiglia e ce le affida. La storia si dipana tra gli anni ‘40 e gli anni ‘50, in un contesto angusto e soffocante, quello delle Terre d’Arneo in Puglia, lacerato da profonde ingiustizie sociali: è il ricco e potente barone Personè a muovere i fili delle esistenze dei tanti contadini abbrutiti dalla miseria, immersi in un universo fatto di “di fango e di ferocia”. Il perpetuarsi di queste condizioni è reso possibile da un misto di superstizione e di rassegnazione, che porta i più ad accettare supinamente un destino visto come non modificabile. Ma Angelina no, non accetta. Lei, la sorella in cui Teresa coglie contemporaneamente alterità e identità, oltrepassa il limite prima con il suo corpo, con la bellezza che, come era stato per la madre, diventa oggetto di maldicenza, poi con il suo carattere, con il rifiuto di continuare ad appartenere a quel mondo. Con il suo “inestinguibile desiderio di altrove”, indifferente allo “scuorno”, la riprovazione sociale che funge da collante per la comunità e da stigma per l’individuo, Angelina diverrà autentico capro espiatorio. Rosa Ventrella con le sue straordinarie doti narrative riesce a costruire un intreccio appassionante, a scandagliare nel profondo l’animo dei protagonisti e, attraverso una lingua mimetica e sfaccettata, a infondere vita ad un intero mondo, un coro di presenze spesso inquietanti espressione del profondo legame con la terra e con la tradizione.
Recensioni
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