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Un libro generoso di chi, attraverso una profonda conoscenza, si è preso la briga ma anche il piacere di andare a leggere l'articolata vicenda della filosofia del Novecento per tirarne le file più intime e offrire al lettore uno sguardo in cui la costellazione concettuale di quaranta voci più o meno note trova il filo di luce che ne disegna il suo logos. Un logos che è articolato, con le sue esplicazioni fra l'ontologia e la morale, la filosofia politica e la sociologia, la psicologia e l'estetica, la semantica e la retorica, ma che lungo il corso delle pagine di questo lavoro fa proprio di questa sua articolazione la chiave di lettura unitaria. Un'articolazione che trova, nel libro, la sua plastica raffigurazione e, insieme, l'intelligente organizzazione in una serie di 'aree tematiche' nel segno delle quali si dispiega il discorso a quattro mani dei due autori. La prima area tematica, 'Verità e lingaggio', a cura di Stefano Cazzato, ci introduce alla lettura del Novecento nella prospettiva di quella che sembra ormai poter essere indicata come la cifra filosofica del secolo: la risoluzione della realtà nel linguaggio. Un linguaggio in cui, come emerge dalle pagine su Lyotard, la dimensione centrifuga del logos trova la sua universalità proprio nella decantazione locale. Un linguaggio, diremmo oggi con uno dei suoi stessi termini più avanzati, glocale. Tutto scende in gioco, fra dialogo e agone, nel Novecento. Qui prende allora la parola, con l'apertura della seconda area tematica, 'Dialogo e alterità', Giuseppe Moscati che esplora i modi in cui, in questo agone della parola, l'alterità si costituisce come relazione e risolve nel fatale 'noi' dell'etica (molto belle le pagine su Buber). Un libro in cui gli autori si scambiano sapientemente il testimone; un libro, per dirla con la Weil, «sempre sulla soglia». Il Novecento della filosofia non viene mai abbandonato al nichilismo dell'interpretazione né tantomeno indulge verso soluzioni ermeneutiche totalizzanti.
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