Luis Buñuel. Cittadino messicano-Ciudadano mexicano

Farassino, Alberto, Tutto il cinema di Luis Bu¤uel, Baldini & Castoldi , 2000
Bernardi, Auro (a cura di), Bu¤uel cittadino messicano, Le Mani, 1999
recensioni di Tomasi, D. L'Indice del 2000, n. 06

Quando, nel 1962, vince il premio della critica al Festival di Cannes con L'angelo sterminatore, Buñuel non perde l'occasione per ironizzare coi critici sulla loro pretesa di trovare nei suoi film chissà quali significati: "Non riesco a capire l'ossessione che alcuni hanno per dare una spiegazione razionale a immagini spesso gratuite. La gente vuole sempre la spiegazione di tutto. È la conseguenza di secoli di educazione borghese. E per tutto quello per cui non trovano spiegazioni ricorrono in ultima istanza a Dio. Però, a cosa gli serve? Dopo dovranno spiegare Dio". I critici non sembrano aver preso troppo sul serio le parole del regista spagnolo, come testimonia l'alto numero di volumi monografici dedicati alla sua opera - quasi una sessantina di testi pubblicati in Spagna, Italia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Germania -, per non citare gli innumerevoli saggi critici e recensioni sparsi in tutto il mondo, che cercano un po' tutti di interpretare e spiegare il cinema di Buñuel.
A questa lunga lista si è aggiunto da poco il libro di Alberto Farassino, docente di storia del cinema all'Università di Pavia. In perfetta sintonia con lo spirito della collana che lo ospita ("I Saggi / Cinema" dell'editore Baldini & Castoldi, curata da Paolo Mereghetti), Tutto il cinema di Luis Buñuel è un libro innanzitutto alla ricerca di lettori che non per forza di cose già conoscono "tutto il cinema di Luis Buñuel" prima di accingersi alla sua lettura. Voglio dire che il lodevole sforzo di Farassino è stato quello di scrivere un libro che pur non rinunciando affatto né al rigore delle analisi, né alla scrupolosità della ricerca, sa rivolgersi anche al lettore non specializzato, offrendogli la possibilità di un'esperienza cognitiva al termine della quale il cinema di Buñuel diventa davvero qualcosa che si può conoscere meglio. Del resto, che Farassino fosse in grado di portare a termine un'impresa di questo genere lo aveva già ampiamente dimostrato coi suoi due volumi sul cinema di Godard (pubblicati da Il Castoro) che costituiscono anch'essi, proprio come è il caso di quest'opera su Buñuel, un termine di confronto obbligato per chi, almeno in Italia, si ritrova a dover confrontarsi con uno di questi due autori.
Tutto il cinema di Luis Buñuel è un libro nettamente diviso in due parti. Nella prima - Romanzo - si ripercorre la vita del regista, in un'ottica tuttavia che ha poco a che vedere con quelle tradizionali biografie che finiscono spesso con l'indulgere sull'aneddotica e la vita privata di colui di cui si racconta la vita, ma che al contrario si occupa soprattutto dell'intellettuale e dell'uomo di cinema, e di questo riesce a offrire un ritratto a tutto tondo che lo segue nella sua formazione culturale madrilena - a contatto con Federico García Lorca e Salvador Dalí -, nell'avventura parigina - che porterà alla realizzazione dei surrealisti Un Chien andalou e L'Âge d'or -, nei difficili anni americani - dove verrà cacciato dal Museum of Modern Art di New York quando il suo nome verrà collegato ai blasfemi film degli anni parigini -, nel lungo periodo messicano - durante il quale realizzò più di venti film, di valore diseguale, ma dove mai venne meno il suo spirito corrosivo e iconoclasta -, sino al trionfale ritorno in Europa - in cui ormai più nessuno poteva mettere in discussione il suo statuto di autore.
La seconda parte del libro - Racconti - prende invece in esame, uno a uno, i trentadue film dell'autore, attraverso analisi attente tanto alla dimensione stilistica che a quella poetica - di contenuto -, con una particolare attenzione ai riferimenti contestuali, agli orizzonti estetici e culturali in cui i film di Buñuel si collocano, ad esempio ai loro continui rimandi all'ambito del Surrealismo. Soprattutto, con la capacità del grande tessitore, Farassino ricostruisce gli evidenti legami tra un film e l'altro - compresi quelli tra l'ultimo e il primo -, a evidenziare la coerenza di una poetica che alla fin fine sembra aver la meglio su qualsivoglia dichiarazione di gratuità espressiva. Del resto è lo stesso Buñuel a far dire a uno dei personaggi di Quell'oscuro oggetto del desiderio che (citiamo a memoria e quindi certamente con qualche inesattezza) "Freud e la psicoanalisi hanno dimostrato che il caso non esiste".
Che - dopo un certo periodo d'oblio - il nome di Buñuel abbia ritrovato un nuovo interesse da parte della critica italiana è anche testimoniato dalla rassegna Buñuel cittadino messicano, svoltasi a Milano nell'ottobre dell'anno scorso. Proprio in occasione di questa retrospettiva è stato pubblicato il volume curato da Auro Bernardi. Il libro - insieme alla rassegna - vuole essere uno spunto di riflessione e un'occasione di conoscenza del periodo più intenso ma anche più negletto dell'attività cinematografica di Buñuel. Un periodo che merita ora una nuova riconsiderazione - del resto critici come André Bazin e, in Italia, Adelio Ferrero e Renzo Renzi ne avevano già colto a sua tempo la fertilità - che in anni recenti è stata già avviata dalla critica ispanofona a partire da Augustín Sánchez Vidal - autore anche di uno dei saggi contenuti nel libro.
Buñuel cittadino messicano si divide in tre parti; la prima è composta da una raccolta di saggi critici di carattere generale - oltre a quelli di Sánchez Vidal e di Bernardi, citiamo quello dello storico Barthélmy Amengual -, la seconda è costituita da una serie di testimonianze di suoi colleghi e collaboratori, la terza, infine, dalle schede dei suoi film, composte tanto da stralci di recensioni d'epoca - un materiale sempre prezioso per collocare storicamente l'opera di un autore - quanto da osservazioni critiche più recenti.