Chiudi

Aggiungi l'articolo in

Chiudi
Aggiunto

L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri

Chiudi

Crea nuova lista

Lotta Continua. Gli uomini dopo - Corrado Sannucci - copertina
Lotta Continua. Gli uomini dopo - Corrado Sannucci - copertina
Dati e Statistiche
Wishlist Salvato in 1 lista dei desideri
Lotta Continua. Gli uomini dopo
Attualmente non disponibile
12,26 €
-5% 12,91 €
12,26 € 12,91 € -5%
Attualmente non disp.
Chiudi
Altri venditori
Prezzo e spese di spedizione
ibs
12,26 € Spedizione gratuita
disponibile in 7 settimane Non disponibile
Info
Nuovo
Altri venditori
Prezzo e spese di spedizione
ibs
12,26 € Spedizione gratuita
disponibile in 7 settimane Non disponibile
Info
Nuovo
Altri venditori
Prezzo e spese di spedizione
Chiudi
Lotta Continua. Gli uomini dopo - Corrado Sannucci - copertina

Dettagli

1998
1 gennaio 1999
200 p.
9788886713474

Voce della critica



Sannucci, Corrado, Lotta Continua. Gli uomini dopo, Limina, 1998
Cazzullo, Aldo, I ragazzi che volevano fare la rivoluzione, Mondadori , 1998
recensioni di Deaglio, E. L'Indice del 1999, n. 07

Circa dieci anni fa mi ritrovai a passare per Pietraperzia, piccolo paese in provincia di Enna.Era un primo pomeriggio di estate plumbea, ero solo e guidavo una macchina a noleggio.Parcheggiai in un’antica piazza, sulla quale si affacciano alcuni bar, nei quali si riuniscono le differenti "compagnie" locali.C’era quell’aria – come dire – quell’aria che nessuno ha voglia di parlarti e, anzi, se te ne vai gli fai un piacere.

Ripresi la macchina e andai al cimitero di Pietraperzia, fuori dal paese, in alto.Chiesi al custode se sapesse della tomba di Antonio Miccichè, dettoTonino.

Lui disse che molti, lì, si chiamavanoMiccichè.Io proposi: "Quello ammazzato a Torino".Lui si ricordava e prese il libro coi nomi: "Sì, una cosa di politica.Molti anni fa, vero?".Poi mi guardò e fece: "Lotta... Com’era?Lotta, lotta..."."Lotta continua", dissi io. "Ecco, Lotta continua", si ricordò lui.

La lapide di Tonino Miccichè stava nella colombaia, molto in alto, così prendemmo la scala, salii e scattai una fotografia.C’era scritto: "Non giudicate la vita che finisce, ma quella che comincia".

Quando tornai a Roma da quel viaggio, al bar Marcello di Trastevere, incontrai Enzino, Enzo Di Calogero, che nel1975 aveva tenuto l’orazione funebre per Tonino Miccichè, a Pietraperzia.Erano stati tutti e due operai alla Fiat e militanti di Lotta continua.Sia Enzino sia Tonino erano del paese.Tonino era stato ucciso nell’aprile del 1975 con un colpo di pistola in fronte.

Il tutto avvenne al quartiere Falchera, periferia di Torino, dove Tonino dirigeva un’occupazione di case organizzata da Lotta continua.Un tipo lo affrontò, per una storia di un garage che gli era stato sottratto, e gli sparò.Tonino si prese il proiettile in fronte e pare abbia detto, nei pochi secondi prima di morire, quasi con stupore: "Non ci vedo più".I suoi funerali a Torino furono grandiosi: molte migliaia di persone salutarono il ragazzo del sud, l’operaio, il militante comunista, il ribelle.Parteciparono istituzioni, partiti, furono deposte corone.Poi Enzino Di Calogero andò giù in Sicilia a svolgere il secondo funerale a nome di Lotta continua e a Pietraperzia sfilarono bandiere rosse e pugni chiusi.

Quando raccontai della mia visita a Enzino e delle parole che ricordavano Tonino, lui rispose subito: "È stata sicuramente la madre".

La quale madre, che nessuno di noi aveva mai conosciuto, avrà pensato che nulla c’era da ricordare o da vantare nella morte di quel figlio, emigrato ragazzo.

Il custode del cimitero, quel pomeriggio, mi disse anche che a Pietraperzia, negli ultimi anni, una ventina di ragazzi erano stati ammazzati.Roba di mafia portata da fuori, aggiunse: da Gela, da Barrafranca, da Sommatino.

Racconto questo aneddoto, non so neanche perché.Forse perché il versante torinese della vita diTonino Miccichè compare a pagina 180 di un ottimo libro di Corrado Sannucci (Lotta Continua.Gli uomini dopo) e ci mancava il finale.

Il libro di Sannucci arriva a pochi mesi di distanza da quello di Aldo Cazzullo (I ragazzi che volevano fare la rivoluzione), altrettanto importante.

Corrado Sannucci, che è stato un militante di Lotta continua, oltreché un "cantautore", sceneggiatore e giornalista, è romano, ha 49 anni e lavora come giornalista sportivo al quotidiano "La Repubblica".Aldo Cazzullo è invece molto più giovane, è torinese, giornalista politico a "La Stampa".

I due libri sono distanti, ma simili.

Quello di Cazzullo, che origina dal clamore nella società italiana provocato dalla vicenda Sofri, è un testo di storia.L’autore ha intervistato cinquanta dirigenti di Lotta continua, ne ha montato le risposte e ha scritto la storia – umana e politica – di un’organizzazione stravagante per i canoni italiani: durata in tutto sette anni – dal 1969 al 1976 – generosa, caotica, propositiva, violenta, colpita a morte – da fascisti e forze dell’ordine – in otto militanti, processata da dieci anni (a dodici anni dal suo scioglimento, a 27 anni dal fatto che, ex post, l’ha segnata: l’omicidio del commissario Luigi Calabresi), con il suo leader di allora, Adriano Sofri, in carcere, ma nello stesso tempo – quasi a risarcimento – richiesto dai media come autorevole commentatore dei fatti di oggi.Aldo Cazzullo è rigoroso, preciso e innovativo nel metodo della ricerca storica contemporanea.Il suo interesse è accademico, la sua conclusione per l’oggetto dell’indagine non è priva di una certa simpatia per un’esperienza collettiva esaltante, specie se paragonata all’apatia dell’oggi.

Corrado Sannucci scrive invece un libro che è puro atto d’amore, ricercando, nella storia dell’organizzazione, dieci storie dimenticate e andando a rintracciare i protagonisti – anch’essi dimenticati – di una stagione che ha radicalmente cambiato la società italiana.Ipescatori diSan Benedetto del Tronto che imposero con le barricate di recuperare i pescatori morti della motonave Rodi; il giovane Felice Spingola che divenne il primo e unico sindaco di Lotta continua, nella cittadina di Verbicaro, Calabria; l’arte musicale mai riconosciuta di Alfredo Bandelli, cui i critici preferirono il Paolo Pietrangeli di Contessa; la vita e i giorni della mensa dei bambini proletari a Napoli.I casi della storia che portarono l’architetta norvegese Turid a Roma e l’architetto romano Marco in Mozambico, la congiunzione astrale che guidò centinaia di militanti di Lc inPortogallo per la rivoluzione dei garofani.Ma, probabilmente, la storia più inedita è quella dei "proletari in divisa", l’organizzazione di Lotta continua nelle forze armate.Nel migliore (per me) capitolo del libro si narra la storia del colonnello a riposoGustavo Tani che si trovò a guidare, a metà degli anni settanta, un corteo di migliaia di soldati, in divisa e con il volto coperto dal fazzoletto, per richiedere democrazia nelle caserme e deporre anche un fiore al Milite Ignoto (vittima del militarismo) all’Altare della Patria di piazza Venezia.La rievocazione di quella giornata – e del lavoro sconosciuto che l’aveva preceduta – riesce davvero a consegnare al lettore di oggi un’Italia assolutamente diversa e del tutto inimmaginata.In tempi di forze armate assolutamente chiuse (e con vaste tentazione golpiste), un movimento di reclute riuscì a far crescere sempre maggiori contrappesi democratici.La stessa cosa, e questo non per merito di Lotta continua, avvenne nella polizia di Stato.

Il libro di Sannucci è di ottime qualità letterarie (per ritmo, dettagli, short cuts) e non nega la sua intima partecipazione agli eventi e ai protagonisti che racconta.Il suo obiettivo – in fondo non dissimile da quello di Cazzullo – è quello di ricostruire uno spezzone della storia sociale italiana, che Sannucci vede soprattutto dalla parte dei dimenticati, ma spina dorsale della formazione di "diritto di cittadinanza" in Italia.Sia Sannucci sia Cazzullo accreditano, in sostanza, a Lotta continua, un ruolo importante nella modernizzazione civile dell’Italia.Benché l’organizzazione non abbia mai superato i diecimila iscritti (tanti erano al primo congresso di fondazione, 1975; tanti erano al congresso di scioglimento, 1976) essa compare come collettore di istanze, enzima, moltiplicatore di richieste, distributore di una certa idealità.

Un ultimo ricordo: Sannucci dedica un capitolo a "Il Pane e le Rose", che fu una rivista collaterale a Lotta continua (forse oggi potremmo dire: un "danno collaterale").

Il titolo veniva da uno slogan di operaie tessili americane, protagoniste di un lungo sciopero, che nel 1912 marciarono con questo slogan: "Vogliamo il pane, ma anche le rose". Nell’immaginario di quegli anni, quell’antica rivendicazione materiale unita al glamour della cortesia, il salario e la seduzione insieme nella busta paga, ci sembravano un bell’obiettivo.Vivevamo, d’altra parte, nella affluent society, e nulla ci sembrava precluso.

Il fatto è che quello slogan mai nessuna operaia tessile di Lawrence, Massachussetts, l’ha mai pronunciata, durante il lungo sciopero del 1912.Fu una favola, inventata all’indomani dello sciopero, quando lo sciopero vinse.

Concludendo, è difficile stabilire la verità di quegli anni.Una parte sta nella colombaia di Pietraperzia, altre stanno chissà dove (e Sannucci fornisce indicazioni di "uomini dopo", né risentiti né tronfi).Come ricorda il mio amico Franco Bolis, che ha girato l’Italia per chiedere che Sofri, Pietrostefani e Bompressi abbiano (almeno) un altro processo: "Lotta Continua è stata una cosa generosa, altruista.All’Italia ha dato molto, e ha ricevuto meno".Tutto qui.Un po’ come il pane e le rose.Un abbellimento postumo.

Leggi di più Leggi di meno
Chiudi
Aggiunto

L'articolo è stato aggiunto al carrello

Chiudi

Aggiungi l'articolo in

Chiudi
Aggiunto

L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri

Chiudi

Crea nuova lista

Chiudi

Chiudi

Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.

Chiudi

Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore