La lingua rubata

Ma questo romanzo ha la incondizionata ammirazione del famosissimo critico Currò Carmelo da Salerno , profondo conoscitore del medioevo e della araldica delle famiglie dell'agro nocerino sarnese. Con un simile sponsor questo romanzo dovrebbe avere una fama pari al Gattopardo ed alla ancor più nota " storia di O" di Pauline Reage"

La descrizione dei viaggi e, in generale, dell'ambiente e del clima (storico / sociale) dei pellegrinaggi verso la Terra Santa è convincente e coinvolgente. La storia, anche se priva di veri e propri colpi di scena (che non sono obbligatori per un buon romanzo) è appassionante. Comunque è uno dei migliori libri che ho letto negli ultimi tempi.

Non mi sento di attribuire la piena responsabilità del fallimento (a livello personale) di questo romanzo solo all'autrice. Probabilmente chi ha tradotto ha messo del suo; sicuramente però la materia con la quale aveva a che fare non era per nulla semplice. Al di là di queste premesse, comunque, mi sembra che la storia di Felix Fabri manchi quasi completamente di suspense, che l'attenzione ai particolari del pellegrinaggio e delle conseguenze che il viaggio porta sui pellegrini sia troppa rispetto alla pochezza o, se vogliamo, alla quasi normalità degli eventi che capitano (rispetto all'epoca considerata, ovvio). La storia non decolla, non si conta più di un solo "colpo di scena" (due se si vuole essere generosi), Arsinoe non incanta, e suo fratello non spaventa. Fabri sembra effettivamente un uomo in balia di un destino che non riesce a dominare, posto che questo stesso destino non è stato evidentemente dominabile neanche dalla Holman. Un peccato. Anche se la storia non era originalissima fin dal titolo, si poteva e si doveva aspettarsi molto di più. Un vero peccato.