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Descrizione


C'è un cambiamento del mondo che dipende dalla lingua che usiamo? In altre parole, è possibile riaprire una scommessa politica sulla lingua, nel mondo di oggi, che l'uso spregiudicato delle parole ci ha reso finto ed estraneo? Questo libro propone di guardare alla lingua come ad un bene comune, prezioso e insieme pericoloso, per la sua intrinseca politicità. Il libro è scritto da insegnanti, dalle elementari all'università, ogni giorno a confronto con ragazze e ragazzi che usano codici linguistici e culturali distanti da quelli delle generazioni precedenti. E torna a considerare la lingua come luogo di libertà sempre possibile che ci riguarda tutti e tutte, non solo nell'insegnamento e nella ricerca, ma, semplicemente, nella vita.
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Dettagli

2006
258 p., Brossura
9788881372225

Voce della critica

Ma come mai le parole – queste "impenitenti vagabonde" come le definiva Virginia Woolf – possono diventare certificati di esclusione e di autoesclusione? Viene in mente l'esperienza delle Madri argentine di Plaza de Mayo quando – dopo aver affrontato e vinto una dittatura militare ormai note in tutto il mondo – sentirono l'esigenza di scrivere ciò che più profondamente sentivano per trovarsi di fronte a un sovrastante senso di inadeguatezza e di pudore. "Fu allora – dicono – che capimmo che quel nostro sentire di non essere autorizzate a scrivere perché eravamo ignoranti era solo un'altra faccia del potere e che potevamo combatterla perché le parole hanno bisogno di essere nutrite e protette proprio come figli".
Quando i conti della lingua non tornano scrive nel suo saggio Luisa Muraro "resta al fondo un insormontabile inesprimibile quasi sempre inconsapevole eppure continuo forte e sensibile senso di inadeguatezza che fa della lingua un'istituzione non accogliente e democratica ma ostica e usuraia". Proprio per questo che altro significa insegnare italiano a un ragazzo a una ragazza se non "far loro provare e praticare il passaggio dalla mutezza di un vissuto ancora verde alla costruzione di un mondo intersoggettivo? E poi mostrare come la lingua sia genialmente attrezzata per rispondere ai loro bisogni simbolici e non solo; come anche sia disposta a tener conto dei loro rapporti idiomatici e a valorizzarli?".
Eccoci dunque all'opera di amore di chi insegna a parlare: agli inizi della vita quando il mondo si consegna alla possibilità di essere significato della madre; e poi delle maestre delle insegnanti (e dei maestri degli insegnati) così che secondo Laura Fortini la scommessa dell'insegnamento della letteratura diventa "una lingua da abitare per sé e per il mondo in cui si vive in cui rimanga vivo il nesso con l'esperienza in cui non si perda la singolarità di ognuno di ognuna: una lingua quindi che aiuti a nominare la propria esperienza e a renderla più significativa a modificarla anche conseguentemente".
Dispiace non citare tutte le autrici – Paola Bono Gisella Modica Pina Mandolfo Chiara Zamboni tra le altre – che nei loro interventi delineano un pensiero cresciuto nel movimento delle donne in cui si dà la possibilità di riaprire oggi – sulla libertà e non sul potere diversamente da ciò che accadde negli anni sessanta – una scommessa politica sulla lingua.

Daniela Padoan

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