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Recensioni Il libro che non volevo scrivere

Recensioni: 3/5
Al Bataclan c'è un solo scrittore: Erwan Larher, che riceve nel corpo due pallottole di Kalashnikov. Sopravvive e fa della propria storia un indimenticabile "oggetto letterario": un caso unico, per forma e contenuto, nella letteratura recente.

«Un gioiello letterario e umano.» - La RTBF

«Questo libro occuperà sempre un posto a sé. È fra i più sconvolgenti della rentrée letteraria.» - Le Progrés

«Un lavoro profondamente letterario che, passando dalla seconda alla terza persona, tende tutto intero verso quel momento magistrale nel quale Erwan Larher scavalca questo dramma e ridiventa "io".» - Lire

Alle 21,40 del 13 novembre 2015, tre terroristi legati all'ISIS fanno irruzione nel teatro Bataclan, a Parigi, armati fino ai denti. Nelle ore successive uccidono 130 persone e ne feriscono circa 360. Fra i feriti, un solo scrittore, Erwan Larher. Fortunata coincidenza, essere al centro della Storia e uscirne vivo, per chi vive di storie. Ma come venirne a capo quando la storia in questione è privata e pubblica, lutto collettivo e tragedia personale? Raccontare è difficile, quasi eticamente scorretto, e l'equilibrio fra io e noi impossibile da accordare. Per un anno, Larher rifiuta interviste e dichiarazioni pubbliche. Fino al momento in cui, richiamato al dovere che il ruolo gli impone, dopo una lunga elaborazione del lutto, il libro comincia a colargli fra le dita. Il risultato è un «oggetto letterario» anomalo, drammatico e ironico, divertente e desolato, in cui i tragitti del Caso (o del Destino) attraversano l'infanzia borghese, l'adolescenza da rocker in erba, l'età adulta da discografico-scrittore, e portano Erwan nell'occhio del ciclone. Accanto a lui, in un gioco di alternanze, le testimonianze dirette di familiari, amici più o meno intimi, compagne, nella loro versione del dramma. Di fronte a lui, un alter ego, Iblis, materializzatosi dal lato oscuro della sua (nostra) stessa marginalità, armato di kalashnikov.)
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