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La scelta di tradurre per la prima volta in italiano la Memoria in favore della libertà dei culti di Alexandre Vinet, è senz'altro felice e il libro presenta notevoli elementi di interesse sia dal punto di vista storico, sia da quello teorico, suggerendo nel contempo alcuni spunti al dibattito contemporaneo in tema di laicità. L'opera di Vinet, che nel corso dell'Ottocento ebbe una vasta eco in Francia e in Svizzera, e che fu tradotta in inglese e tedesco, condizionò anche una parte della cultura risorgimentale italiana, a partire da Cavour. Opera poi sostanzialmente dimenticata, recupera certo interesse per la sua appassionata difesa della distinzione dei confini tra stato e chiesa, basata non sul concetto di tolleranza, bensì su quello di libertà di coscienza. La Memoria fu pubblicata per la prima volta in Francia nel 1826 (ma la traduzione si rifà all'edizione rivista del 1842), dopo che l'omonimo scritto di Vinet vinse l'anno precedente un concorso indetto dalla Società della morale cristiana di Parigi per un'opera sulla libertà di culto. Nella prima parte del libro, l'autore si propone di mostrare le "prove" della necessità della libertà di culto, a partire dall'affermazione della libertà di coscienza, criticando in particolare il cattolicesimo per i suoi dogmi in materia di autorità della chiesa e mostrando invece ammirazione per l'assenza di costrizioni religiose nei giovani Stati Uniti d'America. Vinet presenta quindi il suo "sistema", distinguendo nettamente tra società civile e società religiosa, a tutela non solo delle differenti forme di cristianesimo, ma anche, con non poca preveggenza rispetto ai tempi moderni, dell'ebraismo e dell'islam. Francesco Regalzi
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