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Le lettere di Groucho Marx - copertina

Descrizione


Fra le amicizie astrali del secolo va annoverata quella fra Groucho Marx e T.S. Eliot. Quando lattore e il poeta entrarono in contatto, superando limbarazzo dovuto allimmensa ammirazione reciproca, Groucho si trovò a scrivere in questi termini a Eliot, che gli aveva appena donato una sua fotografia: «Caro T.S., la sua fotografia è arrivata in ottimo stato e spero che questa lettera la trovi nelle stesse condizioni. Non credevo che lei fosse così bello. Se non le hanno ancora offerto il ruolo di protagonista in qualche film sexy, ciò è da attribuire solo alla stupidità dei responsabili del casting». Basterà questo piccolo esempio per far capire leuforia comica in cui Groucho Marx riesce a gettare i suoi lettori, come già i suoi spettatori. Chiunque ami il cinema ha un culto per i fratelli Marx e vorrebbe sentirli parlare sempre. Ma Harpo è muto, così bisogna concentrarsi su Groucho, sulla sua irresistibile parlantina. Ora, per un caso fortunato, quando scriveva lettere nella vita di ogni giorno Groucho era altrettanto comico che sullo schermo. In questo libro, che è ormai un classico, lo vediamo alle prese con interlocutori di ogni genere: non solo T.S. Eliot, ma colleghi del mondo del cinema, giornalisti, produttori, teatranti, agenti, amici. E il riso ci accompagnerà sempre Questo libro allargherà ancora il vasto club degli amici di Groucho, il quale disse una volta: «Non minteressa far parte di un club che mi accetta fra i suoi membri».
Questa raccolta di lettere apparve negli Stati Uniti nel 1967.
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Dettagli

1992
10 febbraio 1992
373 p.
9788845908903

Voce della critica


recensione di Starnone, D., L'Indice 1992, n. 9

Groucho Marx pubblicò le sue lettere nel 1967, quando aveva settantasette anni e gliene restavano altri dieci da vivere. Adelphi le ha stampate, nella traduzione di Davide Tortorella, l'aprile scorsi. Se le poste italiane non avessero tempi da tartaruga e la nostra editoria non si attardasse, certe volte, con flemma da postelegrafonico, molti lettori residenti in questo paese avrebbero fatto in tempo a scrivergli una cartolina di tremula ammirazione. E niente toglie che Groucho avrebbe risposto con un biglietto dall'avvio folgorante e dal seguito programmaticamente privo di tatto. Ma non è andata così pazienza. In compenso ora l'epistola si può leggere in un italiano ironico molto studiato, con tutto l'alfabeto al posto giusto. (C'è solo un neo a pg. 68: Un "ricomincierà" con una i non necessaria. È cosa da niente, in un panorama editoriale che prende fischi per fiaschi ogni due righe. Va segnalata non per pedanteria ma per spirito di collaborazione.
Dei fratelli Marx, Groucho - lo dico per i più giovani - era quello coi baffi, il sigaro e il dono della parola incontenibile. L'idea che ci si faceva - a vederlo e sentirlo nel paio di film trasmessi non troppo frequentemente dalla tv - era che la battuta scritta serviva solo a dargli l'avvio: dopo, Groucho deragliava e capitombolava buffamente - baffi, occhiali, corpo mobile d'una mobilità decisa, autorevole, eppure senza alcuna meta - da un significante all'altro, smarrendo ogni pretesa di significato. Queste lettere mostrano che deragliamenti e capitomboli si fondavano su una vera idolatria da autodidatta geniale per la pagina scritta.
Groucho prendeva carta e penna con la felicità di chi pensa che non c'è necessità comunicativa o argomento obbligato Sul cui non si possa improvvisare un gioco verbale appassionante. Appassionante soprattutto per il mittente: quanto al destinatario fatti suoi. Occhio, tanto per farsi un idea, a questo brano del 1959 tratto da una lettera indirizzata a Elwyn B. White (in fondo al volume c'è un dizionarietto per sapere chi diavolo sono gli amici di penna di Groucho): "Non è facile scrivere neppure un bigliettino a un uomo che ha appena pubblicato un libro sui tranelli della lingua inglese. Capirà, io scrivo a orecchio. Ho provato a scrivere a macchina, ma l'ho trovata troppo poco maneggevole. Poi ho provato a dettare alla mia segretaria, ma dopo qualche mese di vani tentativi mi sono reso conto che era troppo poco maneggevole anche lei".
Pare che Groucho avesse una gran stima del suo epistolario. Era una stima ben riposta. Le sue lettere hanno spesso l'aria del laboratorio: il comico lima battute, le mette a punto, ci riflette. Per esempio nell'attacco della lettera ad Arthur Sheekman del 1940: "Ho ricevuto le lettere e l'assegno. Stavolta mi terrò l'assegno e depositerò le lettere: non voglio correre rischi! Il meccanismo umoristico di quest'ultima frase, spero l'avrai notato, consiste semplicemente nell'invertire due parole, uno stratagemma molto divertente per chi lo usa e niente affatto per chi lo subisce, ma pazienza".
Le formule folgoranti si sprecano. E si pescano qua e là cose di questo tipo: "Era una bella nottata, c'erano tutte le stelle, compreso Cary Grant"; o "non so perché ma quando sogno un'infermiera ha sempre i capelli rossi. I capelli rossi ti fanno venire la voglia di guarire velocemente, così appena tu torni verticale puoi mettere lei orizzontale"; o a uno dei fidanzati della figlia Melinda: "Come va il suo Q. I.? È sempre basso come il giorno che l'ho conosciuta?"; o ancora: "si vede che sto invecchiando. Mamma dice anche che non invecchio più come una volta. Be' così va il mondo" E si possono leggere ad alta voce formidabili abbozzi di monologo come quello in lode della propria pelle lavata col sapone Lux, il sapone di nove stelle su dieci o come quello in lode del teatro ("non so se ti è mai capitato di andarci, ma hai presente al cinematografo, quando vediamo gli attori che si muovono sullo schermo? Be', Arthur, tu non ci crederai, ma qui a New York sul palcoscenico mettono della gente in carne e ossa!").
Naturalmente la fatica letteraria di Groucho non è tutta qui. Vi si trovano brani di tutto rispetto sul piacere di ficcarsi in un cinema a vedere qualsiasi cosa, anche le peggiori porcate. Ci si imbatte in lettere che sono un modello esportabile di epistole tenere e tolleranti ai figli dissennati, ingrati e aspirasoldi. Si incontrano esilaranti tirate sugli spot e sugli sponsor, che d'altra parte permettono alle tasche di impinguarsi: e Groucho, da buon americano, è molto attento a valutare in dollari la buona o la cattiva riuscita di una prestazione. Ci sono testimonianze dall'interno sull'odiata televisione ("la tv è la giungla del nostro secolo"), che distrugge cervelli di infanti, umilia il fior fiore degli attori, allontana dalla lettura forse per sempre anche se poi serve anche a vendere libri (da non perdere questo brano del 1963 a John Mason Brown che ha appena scritto un libro: "Non si offenda se le do un consiglio: dal momento che la sua conversazione è così brillante perché non partecipa al Tonight Show, al Garry Moore Show, allo Hugh Downs's Show e agli altri show televisivi nazionali irradiati da New York? Se vuole che il suo libro si venda (ed eccettuato Proust non mi risultano altri scrittori a cui la cosa ripugni) dovrà proprio darsi una mossa e buttarsi nella mischia come noi comuni mortali"). Ed è possibile trovare un Groucho, che pur lavorando spesso e volentieri sponsorizzato dall'industria automobilistica, scrive alla Chrysler Corporation nel 1954 per ricordare che bisognerebbe vendere auto battendo sulla sicurezza invece che sulla velocità: "Oggigiorno l'automobilista medio è una vittima predestinata; non c'è niente che lo protegga. Le statistiche mostrano che sarebbe molto più al sicuro in un campo di battaglia".
Ma il Groucho Marx migliore, come appare in queste lettere, ha tre facce tutte seducenti. La prima è quella con cui, ai Fratelli Warner che gli ingiungono di non usare "Casablanca" nel titolo di un suo film, risponde che se i Warner hanno occupato la parola "Casablanca" da prima dei Marx, i Marx hanno occupato, professionalmente parlando, la parola "fratelli" da prima dei Warner; e perciò li diffida dal chiamarsi "Warner Brothers". È una geniale faccia di bronzo, la stessa con cui, nel 1964, fa i suoi auguri al presidente della Columbia Records. I livelli, in questo caso, sono quelli toccati dal migliore Mark Twain. Del festeggiato presidente, per esempio, Groucho dice: "A quanto pare, gli individui penalmente responsabili di averlo elevato a un così alto ufficio non sono mai stati sfiorati dal dubbio che il l fiuto o istinto musicale fosse un requisito necessario. È tragico pensare che l'arbitro dei destini di una multinazionale mondiale sia incapace di distinguere la sinfonia Jupiter di Mozart da 'Perché è un bravo ragazzo'"
Non da meno è la faccia con cui Groucho pranza con Truman o cena con T. S. Eliot o si scopre "fatto verbo" in un passo del "Finnegan's Wake" di Joyce: è una faccia ammirata e insieme dotata di un ghigno destabilizzante; tutta rivolta a grattare la patina falsa della celebrità dalla fisionomia sua e dei suoi commensali; e tuttavia ingenuamente incredula di essere in così buona compagnia.
Per ultima va rintracciata la faccia dell'uomo che invecchia o che si sente solo e che cerca nelle donne - passione sbandierata in tutte le salse e spesso immaginate nel modo più vieto: "trofeo da cacciare per la gioia delle mie piccole ore"- una sorta di estinzione dell'ansia, di regressione infantile, di incarnazione della vita profonda e gioiosa. Si raccomanda una lettera senza data a Goodman Ace, dove questo versante della personalità di Groucho si percepisce in modo non sgradevole, carico di un genuino desiderio dell'altro sesso, l'unico in grado di estinguere un senso di disperata solitudine, da bambino abbandonato nel mondo e mai cresciuto. "Il Waldorf" spiega Groucho al suo amico che lo vorrebbe con lui e la moglie al Ritz "se non altro ha personale femminile a ogni piano; e verso mezzanotte persino questi attempati computer umani, nel porgerti la chiave con fare sospettoso e riluttante, infondono una nota di speranza e femminilità all'ultimo, solitario miglio che ti separa dalla tua camera."

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