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Letteratura e manufatti - Thomas G. Tanselle - copertina
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Letteratura e manufatti - Thomas G. Tanselle - copertina

Descrizione


Un libro non è soltanto un'opera dell'intelletto umano, è anche un oggetto materiale, un manufatto. Lo studio di un'opera non andrebbe disgiunto, quindi, dallo studio del manufatto che la contiene e che le permette di arrivare al lettore. Il bibliografo americano pone al centro di questo lavoro il valore della testimonianza originale: le caratteristiche fisiche di un libro permettono infatti di capire in che modo un'opera si è formata e in che modo fu percepita dai lettori che per primi si imbatterono in quell'oggetto. Di qui l'importanza di conservare e difendere la biblioteca nella sua interezza, in quanto "museo del libro" e chiave di lettura del passato e del presente.
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Dettagli

2004
1 gennaio 2004
LXXXI-417 p., Rilegato
9788871667492

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Alcuni studiosi italiani conoscono il grande bibliografo e critico testuale statunitensi G. Thomas Tanselle, da alcuni dei suoi saggi (notevolmente, “Il problema editoriale dell’ultima voluntà dell’autore”) è stato pubblicato attraverso gli anni nella traduzione italiana. L'apparenza di Letteratura e manufatti, credo, sarà salutato con l'entusiasmo dai filologi e bibiografi italiani, poiché contiene molto dei saggi più recenti significative dell’autore. Avendo sviluppato entro la tradizione anglo-americano delle bibliografia analitica e redazione testuale, Tanselle è venuto stare entro una tradizione più grande, umanistica e dotta, di chi gli innovatori -- le figure come Housman, Pasquali, Timpanaro -- fanno contributi attraverso i confini linguistici e geografici. Letteratura e manufatti contiene i saggi importanti sulla bibliografia descrittiva ed analitica, ma mostra anche Tanselle si è impegnato in una lotta appassionata per il riconoscimento e nella preservazione di documenti primari, contro quei bibliotecari e quegli altri negli Stati Uniti che crede quel microfilm ed i computer possono sostituire il libro. I contributi di Tanselle al campo di critica di testi ottocenteschi è bene conosciuti (è l'editore dell'edizione dotta di Herman Melville), e Letteratura e manufatti non delude in quest'area. Qui vediamo Tanselle impegna “i decostruzionisti,” insistendo sulla storicità di testi ed i significati che gli autori hanno dati loro. L'eccezionale saggio, “Redigendo senza un copia-testo,” contiene il sommario conciso di Tanselle delle lezioni di editoriale del passato, la sua critica di certi precetti conservatori di redazione di Anglo-Americano, e la sua affermazione che il fattore controllando nella redazione critica deve essere la mente dell'editore si è concentrata sul problema editoriale, piuttosto che uno metodo meccanico. Il Tanselle è uno scrittore rispettoso: le sue parole sono attentamente scelte, egli evita il gergo, e convoca sempre l'esempio appropriato per illustrare il suo pensiero.

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Voce della critica

Nei suoi ultimi giorni, a Roma, Carlo Emilio Gadda riceveva le visite di amici che gli leggevano ad alta voce I promessi sposi : ascoltando quelle parole, in un appartamento della capitale, lo scrittore lombardo piangeva. Che cosa erano, dove erano I promessi sposi in quel momento? Nella voce del lettore? Nelle pagine che teneva fra le mani? Nei ricordi forse destatisi in Gadda? Nella sua ammirazione per Manzoni? Nelle sue lacrime? Sappiamo bene che l'opera letteraria non risiede soltanto nel pacco di fogli stampati e legati, prodotti, venduti, comprati, letti - ma sappiamo altrettanto bene che essa risiede anche in quell'oggetto materiale. Per molti versi, anzi, l'opera può trovarsi altrove proprio in virtù di quella condizione materiale. La forma tangibile, che negli ultimi cinque secoli è stata in larga misura quella della carta stampata, è uno dei mezzi (se non il mezzo) che hanno permesso alle opere di traversare le distanze fra epoche e luoghi, così come fra una persona e un'altra.
La potenza del veicolo e la sua diffusione tanto pervasiva contribuiscono però a confondere le sottili stratificazioni che vi si compongono: questa situazione si riflette bene, ad esempio, nell'ampia sovrapposizione semantica fra espressioni come volume, testo, opera, scritto - o addirittura: romanzo, dramma, poema. Di più, la dismisura fra le parole allineate da una sola mano, su un singolo foglio (come la mia che sta scrivendo in questo momento) e la quantità di copie che di uno scritto si possono tirare per mezzo della stampa (come quelle che si saranno prodotte di questo numero dell'"Indice") ha facilmente messo in ombra la variabilità, a vantaggio di un'aura di stabilità nella forma tipografica di testi e di opere. Si leggono opere di Manzoni, di Stephen Hawking, di Lisa Biondi e quelle parole ci parlano "come un libro stampato", così che il più delle volte non ci si pone neppure il dubbio se si stia leggendo di fagioli o piuttosto forse di fagiolini, di neuroni o magari di neutroni, come pure sappiamo essere possibile, conoscendo l'esistenza sia delle varianti testuali, sia di refusi, sviste, errori e omissioni. E la situazione non pare mutata di molto - almeno per ora - con la diffusione della scrittura prodotta grazie alle tecnologie elettroniche.
Sovrapporre e confondere opera e libro, così come confidare in un'attendibilità congenita del testo stampato, è accettabile durante una lettura privata, o una conversazione informale. Qualunque discorso serio dovrebbe però rifuggirne, e non solo fra i tecnici dei mestieri del libro. Ogni studioso che abbia a che fare con documenti scritti - non solo con manoscritti - dovrebbe tenere sempre separati, anche quando possano essere indiscernibili, lo strato dell'opera da quello della testimonianza materiale che rende disponibile l'opera. La distinzione andrebbe mantenuta, anzi, con cura particolare proprio di fronte ai testi a stampa, che si offrono al lettore dotati di una reputazione di maggior stabilità e affidabilità.
Si tratta infatti - come Tanselle dimostra a più riprese nei suoi saggi - di un'affidabilità illusoria: perché anche i libri stampati sono manufatti, né più né meno di un'opera d'arte o di un qualunque oggetto d'uso quotidiano. Oggetti creati dall'abilità umana, talvolta - nel caso dei libri - con risultati stupefacenti per qualità o per quantità, ma sempre prodotti di una serie di attività, non prive di effetto sulla sostanza materiale del risultato finale.
In particolare, non si può trattare un libro stampato, neppure la milionesima copia di un tascabile di letteratura di consumo, fidando che sia in tutto e per tutto identico alle altre copie, neppure della medesima tiratura. Si sarebbe tentati di relegare questa cautela ai prodotti librari dell'epoca della stampa manuale, fino ai primi decenni del XIX secolo: gli oggetti sopravvissuti e gli studi che vi si sono applicati presentano una messe di casi, peculiarità, varianti a sostegno di tale atteggiamento, difficilmente confutabili. Ma non è così: anche nell'epoca della sua producibilità di massa, il libro resta un oggetto composto da tanti e tali elementi (testo dell'opera compreso), connessi alla sua realizzazione, alla diffusione, all'uso, alla sopravvivenza di certi esemplari e non di altri, da rendere indispensabile esaminarlo e studiarlo con la medesima attenzione che si dedica alle altre testimonianze della cultura materiale, come un reperto, un oggetto da museo (il paragone è dello stesso Tanselle).
La molteplicità degli esemplari di una stessa pubblicazione rappresenta un problema, dunque, e non una soluzione. Affrontare il problema significa sperimentare, affinare e organizzare tecniche di analisi che tengano conto del maggior numero possibile - idealmente di tutte - di variabili implicite nella natura di manufatto del libro, oltre che naturalmente fare i conti con la quantità di copie superstiti di ogni edizione. Anche sotto questo aspetto, le cose non sono cambiate radicalmente con l'avvento dell'editoria industriale: non sempre alle alte tirature dell'ultimo secolo e mezzo ha corrisposto un aumento del numero di copie conservate in raccolte pubbliche e private. È più diffuso semmai l'atteggiamento opposto, di considerare equivalenti, intercambiabili, edizioni diverse della medesima opera, come se il testo fosse certamente sempre lo stesso. Un secolo ormai di studi nel campo della bibliografia analitica, quella che appunto esamina i libri nella loro condizione materiale, ha messo in luce come non sia possibile - e non solo per i filologi - ritenere affidabile questo presupposto.
Le conseguenze che se ne possono trarre sono evidentemente parecchie, e in questa prospettiva la raccolta di scritti di Tanselle proposta in traduzione può essere illuminante. Si tratta infatti di un insieme di scritti pubblicati originariamente in sedi diverse (riviste e convegni) che mettono a fuoco di volta in volta uno dei vari aspetti della questione, permettendo di valutare quanto pesi la materialità dei libri su campi e oggetti di ricerca molto diversi fra loro. L'intreccio fra testo e oggetto è un fenomeno rilevante, ovviamente, per bibliografi e bibliotecari. Ma storici e critici della letteratura possono ignorare salti testuali, capoversi rimossi o aggiunti, scelte di composizione dettate da costrizioni materiali come la quantità di pagine e di caratteri a disposizione del tipografo? Uno storico delle istituzioni può trascurare l'esistenza di significative differenze nelle pubblicazioni del medesimo documento ufficiale? Chi studia i fenomeni sociali e culturali può analizzare la diffusione di un romanzo senza conoscere con precisione quale versione testuale ne è circolata in una data epoca? Chi può permettersi di ignorare la distinzione fra opere e prove tangibili dell'esistenza di quelle opere?
Riconoscere il ruolo indispensabile degli oggetti materiali nell'esistenza delle opere, e l'unicità di ciascuno di essi, fra l'altro ha, o dovrebbe avere, notevoli conseguenze anche sulla conservazione di quegli oggetti. Esemplari di qualunque pubblicazione siano sopravvissuti, come testimoni di se stessi, non soltanto veicoli di un'opera che può trasmigrare con una certa facilità (anch'essa illusoria?) su supporti ben diversi da carta e inchiostro. E quanti più esemplari sia possibile della medesima edizione, della stessa tiratura, nella migliore integrità possibile. Il respiro delle riflessioni di Tanselle, come si vede, non si concentra su un settore di studi tutti sommato circoscritto, come è quello della bibliografia analitica. Se il libro è quello che è, che è stato per parecchio tempo, e che probabilmente continuerà a essere ancora per un po' - veicolo potente, oggetto d'uso e d'affezione, soprattutto e innanzi tutto materia tangibile, e modificabile per volontà del produttore, per accidente, per il mero scorrere del tempo -, anche al lettore non specialista, chiudendo questo volume, sarà più difficile dimenticarlo.

Giulia Visintin

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