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Le cinque novelle qui presentate hanno come protagonisti uomini e donne che affrontano l’esistenza lottando contro un destino avverso (povertà, sfortuna, solitudine, pregiudizi) e contro la propria inettitudine, che li induce a perseverare sempre negli stessi errori. Quindi ci imbattiamo in mendicanti che si contendono furiosamente il posto su una panchina, in un aspirante suicida contrastato nella sua scelta di morte, in due fidanzati reciprocamente ignari della loro attività furfantesca, in un bigamo che si smaschera da solo per distrazione e in un uomo irresoluto perseguitato da lettere anonime, menzognere ma forse profetiche. Giraudoux, con leggerezza e ironia, riesce a delimitare i confini dell’infelicità dei suoi personaggi in un ambito di rassegnata e paziente consapevolezza di ciò che è comune a tutti gli esseri umani. Convinto che la sofferenza sia inevitabile, prevedibile, scontata, suggerisce di accettarla, con umiltà e sottomissione. Non c’è violenza nei protagonisti delle sue storie, né ribellione contro le ingiustizie sociali: semmai un’arrendevole constatazione che la vita segue proprie regole, spesso casuali o inspiegabili. Stefano Serri, nel suo conciso ma acuto commento, definisce giustamente l’autore “uno scienziato del sorriso”, per la sua stringente capacità di analisi, addolcita da una saggia e garbata clemenza. Emozioni e passioni controllate con eleganza, contraddizioni comportamentali giustificate con generosità, soprusi pubblici e legali scherniti con saggio umorismo “testimoniano la volontà, quasi l’ostinazione, di ribaltare il lato tragico della vita mostrando una sconfinata pietà per l’uomo, per le sue debolezze e le sue sciocche illusioni”. Il distacco, la fine di un rapporto o di un’esperienza esistenziale, la stessa morte, sono considerate elemento ineluttabile e prestabilito del destino umano: ad essi ci si deve adattare, senza sconforto o inutile ferocia. Jean Giraudoux lo asserisce in una prosa scorrevole e raffinata, sorridendo.
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