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Interessante il tema. Mancato completamente l'obiettivo. Un libro desolatamente inutile.
E' la prima volta che leggo un libro di Franco La Cecla, odesso posso aggiungere che non sarà l'ultima. Mi sono trovato ad affrontare l'argomento, perchè mi ci sono ritrovato, senza sapere nulla che potesse riguardare una disciplina del distacco. Io devo ringraziare Franco La Cecla, per la sua capacità di affrontare un argomento piuttosto complesso, con semplicità, ma soprattutto per essere riuscito a sgombrare il campo da tutti quei luoghi comuni, che rendono le separazioni delle autentiche tragedie. Lo consiglio anche a chi volesse semplicemente fare una lettura interessante.
Recensioni
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La bibliografia di Franco La Cecla, autore particolarmente curioso e attento alle problematiche della vita e della società contemporanea, è ricca di saggi di successo quali Il malinteso, la pasta e la pizza, Antropologia del maschio, Jet-lag. Antropologia e altri disturbi da viaggio. Anche questa volta lo studioso palermitano ha scelto di approfondire un argomento che coinvolge tutti: il congedo amoroso. Lo studioso esordisce riconoscendo come nella nostra società la fine di una storia d'amore sia spesso avvolta non solo dal dolore della separazione ma anche da episodi di crudeltà. Come è possibile che non si possa vivere la separazione, per quanto difficile, in modo sereno e meno traumatico? Perché in un'epoca in cui la fine delle relazioni è sempre più frequente, la dimensione del lasciarsi non sembra fare parte di un ambito «serio» di cui la società dovrebbe occuparsi? Manca insomma un rito dell'abbandono; le coppie si ritrovano così ad elaborare il loro lutto in solitudine, con i conseguenti strascichi di crudeltà, vendetta e rancore. A questo proposito Franco La Cecla propugna lo sviluppo di un rito speculare a quello dell'unione, che non solo richieda una competenza individuale ma coinvolga anche la società e il consesso degli amici. In questo libro si spiega come ciò sia possibile. Partendo dall'analisi di differenti e possibili esperienze di "rottura", che ci aiutano a scorgere a che punto di tragico e ridicolo oggi siamo giunti, la riflessione prosegue alla ricerca della formulazione di un galateo degli addii, che scongiuri lo spettro del fallimento totale e in cui trovino posto cordogli, passaggi, piccoli lutti e necessarie resurrezioni.
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