Labirinto

Un romanzo che è al contempo una discesa negli abissi della mente di Boratin, musicista che chissà perché ha tentato il suicidio lanciandosi dal ponte sul Bosforo. Ci si chiede cosa ci spinge a compiere le scelte della nostra vita, o ad amare alcune persone, o a vivere in un determinato luogo. Il tutto nella cornice di una Istanbul a tratti trasfigurata. Un'opera straordinaria.

Il labirinto come condizione mentale in cui si rimestano domande che non trovano risposte. È lo spazio degli esiliati, condannati a convivere con un passato che non si lega al presente, che é l’ostacolo per ricostruirsi. Boratin ci trascina nella sua amnesia, in un vuoto che non sarà riempito dal riaffiorare dei ricordi. Man mano che cerca di riconquistarli percepisce il passato come autocrazia, qualcosa che lo costringe ad essere ciò che era e che non risponde alla sue nuove domande. Sonmez ci lascia perduti nel labirinto con la sensazione che quel dedalo sia il passato stesso. Ci piega a una lettura lenta, fatta di passi incerti in cui ci si affida, proprio come in un labirinto, a un filo di Arianna ideale per non perderci. Ma la soluzione del rapporto tra tempo, identità e libertà non si raggiunge. Ci sentiremo sempre più persi nel fascino delle pagine dedicate all’orologio e lo specchio, le più grandi invenzioni dell’uomo, quelle che ci lasciano dentro al labirinto.

Un romanzo breve, o racconto lungo, che si interroga sui temi della memoria e della morte partendo dalla storia di un uomo che, dopo aver tentato di uccidersi, non si ricorda più nulla del suo passato. Molto interessante