Joy Division. Tutta la storia

Peter Hook era il bassista dei Joy Division e come è giusto aspettarsi descrive la band da “dentro”. Ci parla dell’aspetto “live”, dei concerti, della lotta per emergere e della baldoria che ricercavano ragazzi poco più che ventenni cresciuti nella lugubre e grigia Manchester della seconda metà degli anni 70. Ne esce fuori anche un bel ritratto di Ian Curtis, cantante del gruppo morto sucida a 23 anni. Intenso, senza toni melodrammatici o tragici, semplicemente narrato da un amico, con cui si condivideva il sogno della musica. Se il libro di Deborah Curtis “Così lontano, così vicino” raccontava lo Ian Curtis “intimo”, casalingo, artistico e intellettuale, concentrandosi sul loro rapporto di coppia e sul calvario di pressione e malattia a cui Ian non ha retto, la descrizione di Peter Hook invece, pone l’accento su lato giocoso, scherzoso, cameratistico. Quello forse che fino a oggi era rimasto più nascosto, travolto dall’aura di tragedia e dall’ “oscurità” delle canzoni prodotte nella loro breve carriera. I due libri corrono paralleli come due facce della stessa medaglia, complementari, utili a capire meglio alcune delle tante sfaccettature di Ian Curtis e dei Joy Division, band fondamentale per gran parte del rock sviluppatosi dall’inizio degli anni 80 in poi.