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Johann Sebastian Bach. Le cantate - Raffaele Mellace - copertina
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Johann Sebastian Bach. Le cantate - Raffaele Mellace - copertina
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Descrizione


Microcosmo unico per ricchezza di valori musicali, poetici, teologici e simbolici, le cantate di Bach rappresentano un'impresa compositiva tra le più ambiziose e memorabili mai realizzate. In quarant'anni d'inesausta attività creativa, il compositore diede vita, in ambienti eterogenei come le corti aristocratiche e le città borghesi della Germania orientale, a una varietà straordinaria di organismi musicali: un patrimonio ingentissimo ricondotto a intima unitarietà dalla vocazione universalistica del pensiero bachiano. Ogni lavoro si propone come un unicum dalla fisionomia caratteristica, ma attiva al contempo una fitta rete d'intrecci tra vocale e strumentale, sacro e profano, tradizione tedesca e novità italiane: cortocircuiti virtuosi fra stagioni, luoghi, generi e stili della storia del compositore e di un'epoca, secondo un progetto estetico profondamente coeso, specchio fedele di un'intera civiltà. Muovendo da tale irriducibile varietà, sulla scorta della più aggiornata ricerca internazionale, il libro indaga le ragioni teologiche o encomiastiche di ciascuna cantata, insegue i prestiti da un lavoro all'altro, discute le molte questioni ancora aperte, commenta ciascun numero musicale dell'intero corpus delle cantate sacre e profane. Una serie di indici e le schede complete di tutti i dati tecnici, storici ed esecutivi, integrano la discussione, offrendo uno strumento indispensabile per l'appassionato, lo studioso, l'esecutore.
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Dettagli

2012
1 luglio 2012
784 p., Brossura
9788883024412

Voce della critica

Che cos'è esattamente una cantata? Un'aria solistica caratterizzata da interruzioni e cambiamenti interni, oppure un brano corale articolato in maniera complessa? Una composizione di carattere profano, oppure una pagina meditativa, basata su testo biblico, quasi un oratorio in miniatura? Una pagina destinata a esecuzioni cameristiche raffinate, oppure, proprio per il suo carattere privato e introspettivo, un genere portato agli esperimenti, a confinare con opera, oratorio, musica strumentale, mottetto, senza potersi riconoscere pienamente in nessuno di questi? Difficile dirlo: certo, però, la cosiddetta cantata nasce in Italia fianco a fianco con l'aria (quante raccolte sono intitolate Cantate et arie), si ritaglia uno spazio significativo dove l'opera non può attecchire, primariamente a Roma, e intuisce immediatamente la fecondità dell'intreccio fra le forme strumentali ormai avviate a fiorente sviluppo e una vocalità che trova sempre più gusto nell'esplorare testi raffinati della poesia del tempo. Questi spunti, fondamentali nel Seicento romano, finirono tuttavia per soccombere quasi del tutto di fronte alla diffusione esuberante dell'opera; salvandosi invece e mutando in parte i connotati grazie a un fortunato trapianto in terra tedesca, dove divennero parte integrante della liturgia luterana, che metteva al suo centro non l'Ordinarium Missae come nei paesi cattolici (Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Agnus Dei), bensì il Vangelo del giorno, che diventava così il fulcro stesso della cantata, ormai ripensata decisamente in termini sacri e costruita in modo tale da aderire in profondità agli addentellati del testo, scavando nelle sue radici spirituali e teologiche. Queste ragioni interiori della cantata sacra luterana sono esplorate e discusse nel poderoso volume monografico di Raffaele Mellace, nato sulle orme di un progetto ammirevole della milanese Società del Quartetto, che in dieci anni, dal 1994 al 2004, aveva inserito nella propria stagione l'esecuzione integrale delle cantate di Johann Sebastian Bach: traguardo insuperato del genere, rideclinato nei circa duecento titoli giunti fino a noi (per incredibile che possa sembrare, questi capolavori erano musica di consumo, destinata a scomparire con l'uscita di scena dell'autore). Non ci sono precedenti italiani di un lavoro critico di queste proporzioni, erede del bellissimo studio di Alfred Dürr ma con una sua personalità autonoma, che mette il suo baricentro nell'individuare la corrispondenza fra i presupposti del testo e le scelte musicali. Mellace tiene presente una mole di letteratura impressionante, dai lavori pionieristici di Arnold Schering e Albert Schweitzer fino alle indagini più moderne di Max Petzoldt, Christoph Wolff e del bolognese Pellegrino Santucci, per citare solo alcuni nomi. Le cantate di Bach affiancano grandiosi cori polifonici, semplici corali, arie, recitativi, duetti, con una tale varietà di forme, andamenti, colori strumentali, trattamento vocale da lasciare l'ascoltatore persino sconcertato; Mellace lo prende per mano, chiarendo le ragioni espressive delle singole scelte. Qualche esempio: la Cantata BWV 123 si apre con un coro grandioso, tutto maschile, e ricorre prevalentemente a voci scure per meglio evidenziare la centralità del Cristo nella liturgia del giorno, che è l'Epifania; il momento umano e drammatico interviene nella prima aria, che rappresenta l'anelito umano a Dio, e in cui, mentre si evoca l'infuriare (toben, in tedesco) della tempesta, la voce infuria a sua volta sulla "o" di toben martellandola con una sfuriata di novanta note; mentre nel corale conclusivo ogni furia si smorza in un insolito congedo ripetuto come un'eco, che pare anticipare le attenuazioni di Brahms, quando la morte gli appare come un riposo, come un ultimo dono della vita. Nella Cantata BWV 125 i confini di recitativo, arioso e aria sembrano più che mai elastici e sfumati, ogni modulazione trae le sue ragioni dal testo, il dialogo dei flauti sembra un duetto vocale, mentre la voce solistica si comporta come uno strumento. E via via Mellace individua la parola chiave di ogni brano, il suo concetto cardine, e ne suggerisce il corrispettivo musicale: tenebre e luce, speranze e timore, morte e vita si specchiano spesso in alternanze timbriche e vocali; lunghi pedali gravi o linearità armonica sono il basamento sonoro che illustra la fede, l'eternità, la pace interiore; dentro queste figurazioni, che traducono in armonia delle sfere i concetti teologici e le speranze interiori, si agita tutto un mondo di errori, dubbi, sviamenti che l'umile saldezza del corale mitiga e consola. Mellace esplora via via questa costellazione, non senza averle premesso un affresco introduttivo che fissa i dati salienti del periodo, anticipa i profili degli autori che fornirono i testi a Bach per quanto concerne i testi poetici, definisce i lineamenti del genere "cantata": di cui, naturalmente, esamina anche la più limitata produzione profana: il risultato è un vero breviario, utile e anzi indispensabile a professionisti e appassionati. Elisabetta Fava

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Conosci l'autore

Raffaele Mellace

1969, Milano

si è laureato in Lettere all’Università degli Studi di Milano con Francesco Degrada e addottorato in Musicologia e Beni musicali all’Università di Bologna con Lorenzo Bianconi. Ha inoltre conseguito il Diploma in oboe al Conservatorio di Bologna. Ha collaborato con l’Università degli Studi di Milano (1997-2001) e ha insegnato nei Licei a Milano e a Como (1995-2011) e nelle Università di Genova (dal 2003), Università Cattolica, sede di Brescia (2003-2011) e Università del Piemonte Orientale (2003-2005). Nel 2011 è diventato professore associato presso la Facoltà di Lingue e Letterature straniere dell’Università di Genova. Collabora regolarmente col Teatro alla Scala, le Edizioni Suvini Zerboni, istituzioni...

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