Io ti perdono

Bambini rapiti, abusati e rilasciati, nei boschi autunnali della Val d'Ayas; un prete, Don Paolo, dal passato oscuro, sospettato di pedofilia. Come oscuro è anche il passato dell'ispettore milanese Maria Dolores Vergani, personaggio infinitamente complesso, che protegge la propria fragilità dietro ad una professionalità e ad una tenacia investigativa che non lasciano spazio all'esternazione delle emozioni trattenute a forza. Intorno all'indagine ufficiosa, che la Vergani conduce, nel rispetto della richiesta da parte dell'amico Don Paolo e che rappresenta la storia portante del libro, si sviluppano ulteriori sottotrame e indagini ufficiali in altre direzioni: un racket della prostituzione nell'hinterland milanese; un maniaco feticista di capelli femminili; il ritrovamento dello scheletro di una giovane donna scomparsa anni addietro. Molto brava, Elisabetta Bucciarelli, nella costruzione di un non facile impianto narrativo, dove le storie si sviluppano indipendentemente, senza creare lo stacco o il calo di tensione. In aggiunta alla trama (o alle trame), ciò che cattura maggiormente il lettore è la sapiente descrizione delle psicologie dei personaggi, unita ad una visione quasi cinematografica dell'ambientazione Valdostana. Maria Dolores Vergani rispecchia le asperità e le chiusure montanare; l'inaccessibilità che le montagne offrono al visitatore inesperto sono il riflesso della donna stessa, del suo rifiuto a cedere a qualsiasi debolezza emotiva. Il finale è improvviso e insospettabile, ulteriore pregio per chi, come me, incontra spesso epiloghi subodorati parecchie pagine prima.