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E' un libro bellissimo; la scrittura è vivace e immediata. Si rivive l'atmosfera truce e tragica di quegli anni e l'emozione provata dalla scrittrice nell'affrontare l'incontro con Hitler. L'idea di presentare questo incontro e i momenti che lo hanno precesuto lasciando l'immediatezza delle sensazioni provate da lei stessa bambina, rende il testo coinvolgente e sembra di partecipare direttamente all'evento.Interessante è la capacità di analizzare l'ideologia nazista e il modo in cui era vissuta dalla popolazione tedesca. Tutto è presentato con lucidità e semplicità , anche gli avvenimenti più drammatici vissuti dalla scrittrice. Consiglio questo libro a tutti gli studenti di ogni età.
In Germania il bambino tedesco non doveva pensare ma solo sapere, sapere che non poteva avere carne o pane, riscaldamento o acqua, abiti o scarpe, non doveva porsi domande, pensare era reato molto grave in quella Germania. Il bambino tedesco designato per incontrare Hitler era un vero privilegiato, il privilegio di entrare nel bunker, la catacomba del Fuehrer, e di fare allucinanti scoperte che perfino l'ingenuita' di un bambino era in grado di comprendere. Hitler pretendeva che la gioventu' tedesca terrorizzasse il mondo, il risultato fu che la gioventu' tedesca era terrorizzata dalla Germania. Ma se un bambino fu in grado di comprendere l'assurdo, come puo' l'adulto non averlo percepito in tempo? Interessante per comprendere quanto fu difficile e pericolosa la guerra di Hitler agli occhi di quella giovanissima popolazione tedesca ariana.
Questo libro può sicuramente soddisfare alcune curiosità del lettore,ed io l'ho letto per questo motivo. Tuttavia, l'autrice è priva di abilità letterarie e molto ripetitiva. Infatti, nei suoi tre libri che ho letto sul nazismo, vengono raccontati, con parole quasi uguali, gli stessi episodi.
Recensioni
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L'autrice ha scritto questo libriccino dopo aver visto La caduta di Hirschbiegel ispirato in parte a Bis zur letzten Stunde (Fino all'ultimo) autobiografia di Traudl Junge la giovane segretaria personale degli ultimi anni di Hitler intervistata alla fine del film. Sulla copertina c'è una foto fuorviante di Hitler nel 1937 con una delle figlie di Goebbels sereno e sorridente come presumibilmente non fu mai nel bunker. Helga Schneider aveva già accennato all'esperienza della visita nel bunker nel Rogo di Berlino; qui approfondisce l'episodio intrecciandolo a ricordi successivi legati al nodo cruciale della sua vita il nazionalsocialismo. L'autrice era stata invitata nell'inverno '45 con il fratellino e altri bambini privilegiati a passare ventiquattr'ore nel bunker grazie alla sorella della matrigna che lavorava per Goebbels. Naturalmente lo sguardo infantile anche se ricostruito dopo sessant'anni è particolarmente efficace nel mostrare che il re è nudo: la bambina rimane esterrefatta e delusa nel vedere che il führer della Germania sembra un vecchietto malato e ha la percezione che non possa fare più niente per il suo paese. L'intera visita è frustrante perché la maggiore attrattiva per i bambini affamati il cibo insolito e abbondante li fa star male e rimane solo la sensazione claustrofobica di prigionia in un luogo angusto oscuro e mortifero che puzza di diesel e muffa. La domanda che si pone Helga Schneider e noi con lei in seguito alla visione del film che intendeva mostrare il lato umano del dittatore è se si può definire Hitler un essere umano e in caso contrario se non rischiamo di sottrarlo alle sue responsabilità considerandolo semplicemente uno psicopatico. è un libro che si legge d'un fiato una tessera nuova nel mosaico della rielaborazione del passato nazionalsocialista.
Marina Ghedini
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