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Attenti alle date: un libro di otto autori, più due saggi del curatore stesso, che affronta opere diverse con diversi apparati interpretativi (dalla semiologia alla psicoanalisi, dai culture studies alla Feminist Film Theory), che "taglia" i generi cinematografici (western, commedia, thriller...), correrebbe il rischio di essere percepito come un insieme compilativo dall'identità incerta. Ciò che invece gli rende un surplus di coerenza, lasciando aperte alcune domande affascinanti, è il percorso cronologico dei film affrontati. Il King Kong del 1933 e Ombre rosse, La règle du jeu, Citizen Kane e La finestra sul cortile, Ozu, Godard e Antonioni preparano un finale col botto rappresentato da 2001: Odissea nello spazio (Sandro Bernardi).
Gli autori hanno quasi tutti in comune la caratteristica di evidenziare come "quel" particolare testo filmico abbia scardinato l'impostazione fino allora data per acquisita rispetto a un particolare genere; un lavoro di sovversione, interna a una tipologia ben riconosciuta. Oppure (Hitchcock, Godard), come il regista abbia svolto in prima istanza una riflessione sul mezzo cinematografico, snodo ineludibile per poter dire qualcosa di diverso sulla realtà del tempo.
Il procedimento via via più evidente, e trova il culmine nelle letture di Godard (Bertetto), dellÆAvventura (Giorgio Tinazzi) e in quella di Kubrick. Un universo di rappresentazione "classico" viene sconvolto da Poiccard-Belmondo e dagli insulti alla grammatica dei raccordi in Godard; una forma filmica che lascia decantare tempi e reazioni pare l'unica adeguata a rappresentare la bonaccia delle passioni nel capolavoro di Antonioni; e soprattutto gli interrogativi lasciati aperti da 2001 sono ancora tutti lì in attesa di risposte, mentre le poche certezze che ne vengono riguardano la nostra pochezza e i nostri limiti. Un gran finale, in qualche modo implosivo. Anche perché è significativo e forse inquietante che queste analisi (condotte con metodologie introdotte in Italia con il ritardo che sappiamo, ma comunque ben diffuse dagli anni settanta) si concentrino su film la cui datazione più recente è 1968. Il cinema classico, e poi quello della modernità. Qualcuno potrà trovare in questa caratteristica un limite del libro; a noi sembra una scelta affascinante. Forse stiamo ancora aspettando di uscire da un corridoio mentale, come l'astronauta Bowman; forse il cinema successivo sfugge alle tecniche interpretative fin qui utilizzate, e richiede, postmodernamente, un più accentuato mix di approcci e maggiore soggettività, anche narrativa, da parte di chi legge un film. O forse, siamo tutti in attesa di un secondo volume.
"Riforma"
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