L' innamorato della montagna

"Il giorno di S. Cristoforo - per chi nol sapesse la festa di questo santo cade nel 7 gennaio di ogni anno", l'autore è sulla strada che porta da Eboli a Potenza. In quel giorno "nevicava, pioveva, grandinava e tirava vento". La carrozza è vecchia, il viaggio scomodissimo, Tarchetti è seduto a cassetta a fianco del cocchiere, "avvoltolato in una coperta, così imbevuta d'acqua che poteva pesare tre volte la mia persona". Durante il tragitto l'autore fa una serie di riflessioni che, a distanza di anni, riporta in questo racconto: "Gli scrittori che mettono la loro coscienza nei loro libri non sono molto numerosi: io l'ho fatto". Scrive: "Io mi son sentito più volte muovere a sdegno contro questa miriade di doveri falsi e inutili che ci siamo imposti noi stessi; ho sentito il desiderio di ribellarmi a questa idea del lavoro assiduo, del sacrificio assiduo, a queste esigenze crudeli dell'amor proprio, a questa eccessiva tirannia della dignità personale - idee esagerate, spesso ridicole, che hanno fatto della vita una sequela di sacrifici mai interrotta". La nevicata impedisce il proseguimento del viaggio e i viaggiatori, in prossimità di Picerno, trovano rifugio in una taverna, ed è in questo luogo che Tarchetti racconta la storia dell'innamorato della montagna. Da notare che l'autore ci racconta una serie di coincidenze legate ad un'arancia che sembrano confermare la teoria della sincronicità di C.G.Jung.

Lettura breve eppure alla fine rimarrà per sempre nel cuore del lettore. Per prolungare il piacere della lettura propongo di non leggerlo nel giro di pochi giorni. Il testo è pervaso da una nota serena e malinconica allo stesso tempo, come solo Tarchetti riesce a fare. Edizione con impaginazione e caratteri di stampa ottimi. Consiglio la lettura di tutte le opere di questo autore, uno dei miei preferiti.