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scheda di Spampinato, G., L'Indice 1995, n. 7
Questo terzo libro poetico di Massimo Cescon potrebbe considerarsi lo snodo cruciale di una sorta di "anticanzoniere" perseguito con duttile coerenza fin dalle estraniate liriche dell'"Etica del maneggio" (1979), di cui i 'poèmes en prose' del 1988 ("Effetti del cielo dipinto") si costituiscono mappa non meno che sfondo prospettico. Il rapporto di continuità-opposizione col modello petrarchesco si gioca infatti, per l'appartato poeta milanese, proprio nel sottile lavoro di "smontaggio" dello spazio-tempo in cui la memoria viene conquistata al presente. Con raffinata tecnica di scomposizione, i frammenti del ricordo ("hai schizzi / di fango sulle efelidi, / e niente che ti faccia somigliare a te") non solo non si assestano nell'ordine assoluto cui pure sembrerebbero tendere, ma addirittura deflagrano. La collisione implicita nel momento dell'esperienza vissuta (da intendersi è - ovvio - sempre come rivissuta) sfocia in una musica che, senza eccedere dai tempi di quartetto (il titolo della sezione centrale) di un ostinato controllo armonico, punta alla dissonanza, assume in sé anche il rumore: "Tale, per sempre, / di bisbigli è pieno / l'attimo - scolora / rapido in un lampo / e presto si allontana". Tutti i luoghi dell'universo petrarchista - dall'epifania della donna all'offuscarsi della sua bellezza fiaccata dagli anni - sono allora ripercorsi sotto l'effetto di un salutare "depistaggio" dell'orizzonte di attesa del lettore, e forse dello stesso poeta. In questo smottamento di valori e contesti, Petrarca può allora incontrare Montale, gli accenti primonovecentisti degli "Ossi" fondersi nel falso quotidiano di "Satura" e dei "Quaderni", la ricca tramatura delle figure di ripetizione e dei ritorni fonici dissolvere il senso e insieme preservarlo: "Sempre più mi dirado a poco a poco, / l'eco della parola m'accompagna".
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