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Recensioni in Autunno

in Autunno di Karl Ove Knausgård
Recensioni: 5/5

Il primo volume del nuovo progetto di Knausgård: quattro libri, uno per ogni stagione, dedicati alla figlia Anna, la quarta. Un'enciclopedia personale scritta da un padre per una figlia che deve ancora nascere.

«È uno Knausgard, diciamo così, romantico, intimista, il quale, anziché scavare all'interno di sé stesso, questa volta si rivolge soprattutto al mondo esterno, alla natura, agli oggetti della quotidianità. al corpo nella sua fisicità: le mele, le vespe, il sole, le petroliere, la calce, il sangue, i pidocchi, le tazze del water... Una ispirazione quasi bucolica, e infatti l'idea è di comporre un "Quartetto delle stagioni" che comincia in Autunno, il che avviene per motivi storici, ma non stona con il carattere un poco ombroso dell'autore» - Eleonora Barbieri, il Giornale

«Ho scelto le quattro stagioni perché cercavo una forma, un contenitore, e mi è venuto spontaneo visto che l'idea era scrivere un testo al giorno per un anno. Al contempo le stagioni con il loro alternarsi rappresentano il cambiamento, e insieme tornano sempre. Mi offrivano una struttura semplice ma interessante» - Karl Ove Knausgård in un'intervista per La Lettura

Il primo della serie, in Autunno, inizia quando mancano ancora sei mesi al parto. I mesi in questione sono settembre, ottobre e novembre. Ogni mese è introdotto da una lettera che scrive alla figlia, in cui le presenta i suoi fratelli e la sua futura famiglia, le racconta di loro, le parla di quando il papà l'ha vista attraverso le ecografie, di come l'ha accarezzata quando toccava il pancione della madre. In queste lettere trapela l'enorme amore che Knausgård prova già per la piccola, il desiderio che nasca, la sua curiosità di conoscerla, di sapere chi è questa nuova creatura di cui non sa ancora nulla. Ogni lettera è seguita da una serie di brevi saggi, sessanta in tutto, che non superano mai le quattro pagine di lunghezza. Lo scopo di Knausgård è quello di trasmettere ad Anna (e a se stesso) che la vita è dura, ma che è assolutamente bella e degna di essere vissuta. La capacità di cogliere la bellezza dell'esistenza va osservata focalizzandosi sulle piccole cose, siano esse oggetti come un termos, un sacchetto di plastica, una gomma da masticare, insetti come le vespe o le mosche, animali come il tasso o la vipera. Oppure il vomito, il sangue, la pipì. Il dolore, il silenzio. Van Gogh. Il sole. Per poter cogliere la realtà, quella vera, non quella che è frutto delle nostre personali concezioni, delle gerarchie, dell'immagine che abbiamo di essa, dobbiamo imparare a concentrarci sull'oggetto e a poco a poco privarlo delle sue caratteristiche concrete per passare oltre. Un esempio su tutti: il termos. Oltre alla sua funzione pratica di trasportare bevande calde o fredde, è come un'estensione della casa, una componente del nostro focolare domestico che portiamo con noi nel mondo, un totem. Però, se questo oggetto non crea nessun tipo di imbarazzo in ambiti sociali aperti come boschi o parchi o sui mezzi pubblici, in una casa altrui diventa invece una sorta di minaccia/affronto nei confronti della "sovranità territoriale" di quella famiglia.

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