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Britt non parla con nessuno durante la settimana e la domenica è il giorno peggiore fra tutti. Un giorno cattivo, terribile, morto. Non c'è quasi nulla di vivo, la domenica: si sveglia nel silenzio più assoluto, tutto è talmente immobile che ha quasi paura di respirare. I genitori dormono fino a mezzogiorno e guai a fare anche il minimo rumore. Britt cammina in punta di piedi, facendo finta di non esistere. Anzi, è meglio se va via, se esce di casa se scompare. In cucina è tutto sporco dalla sera prima, in soggiorno si sente ancora la puzza di fumo , si sente come circondata da una densa nebbia, che non le fa neanche venir voglia di mangiare qualcosa. Così, di domenica mattina, a Britt non resta che andare a correre: a tutta velocità, finché non le manca il fiato, finché il cuore non le rimbomba nelle orecchie. Per buona metà del romanzo l'atmosfera è questa, cupissima - Britt subisce tutto e tutti, non riesce a intravedere alcuna via d'uscita, forse preferirebbe addirittura morire. Poi, un giorno, casualmente, incontra Elvira: è una donna che non ha una buona nomea nel vicinato, che vive da sola, e quando Britt era più piccola con Gro la chiamavano strega. Elvira, però, è la sola a vedere davvero Britt, a percepire il suo profondo dolore, tutto il buio che la pervade, e le tende una mano. A volte ci dimentichiamo di come possa essere difficile l'adolescenza. Anzi, difficilissima. Ci scordiamo di cosa significhi non essere uguali agli altri, non vivere in una grande città, non avere una famiglia ottimale. E di quanto i ragazzini possano essere brutali, cattivi, con i loro comportamenti, giudizi; con le loro risate di scherno, la loro indifferenza, gli scherzi feroci. Ecco, questo romanzo ci permette di ricordare tutto questo. E di tenerlo a mente, per bene, una volta per tutte.
Recensioni
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