Impossibilità e necessità della teodicea. Gli «Essais» di Leibniz

scheda di Garelli, G., L'Indice 1996, n. 2

Pur rinunciando esplicitamente a "particolari obiettivi di carattere storiografico o filologico", il contributo di Andrea Poma sulla "Teodicea" si presenta come eccellente ricostruzione complessiva del pensiero leibniziano, condotta con l'intento specifico di indagare la possibilità e il significato di un'interrogazione filosofica elaborata sotto il segno della razionalità, quale quella di Leibniz, nel suo serrato e incessante confronto con le tematiche del male e del negativo.Bisogna dunque abbandonare le letture erronee e irriguardose, o almeno semplificanti (condotte, più o meno esplicitamente, sulla scia del voltairiano "Candide"), per riconoscere all'"ottimismo" leibniziano un valore assai più specifico e teoreticamente pregnante della mera apologetica (appassionanti, in proposito, le pagine dedicate all'Istruzione della causa da parte dell'accusatore di Dio). Non che l'autore non riconosca comunque, con sagacia ermeneutica, i limiti di un discorso che affonda le sue radici consapevolmente nel mistero; così come indica lucidamente l'opzione di fondo richiesta dalla teodicea, per diventare discorso davvero significativo. Di particolare interesse, fra le altre, le pagine su "Dio e il principio di ragione" (cap.VI), nonché quelle iniziali su "La vera pietà": assai opportunamente il "kantiano" Poma insiste sul significato del passaggio alla "ragion pratica" per poter intendere e seguire le tracce della "Teodicea" leibniziana, affinché essa possa rivelarsi nella sua autentica natura di logodicea.