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Più che il titolo, di troppo vasta ambizione, come è forse inevitabile per coraggiose opere prime, funge da utilissima bussola del ponderoso libro illustrato di Giorgio Bacci il lucido sottotitolo. Confortato dalle intuizioni di Walter Benjamin e Antonio Gramsci, e forte di una letteratura storiografica francese di trasversale ricchezza, l'autore esplora archivi, dissoda biblioteche, spulcia mercatini. Il tesoro popolare di libri illustrati a poco prezzo, bibliotechine figurate, fogli volanti di fine Ottocento rappresenta un nervo scoperto della storia dell'arte italiana: una zona morta, defilata sia rispetto alle monografie dedicate ai grandi artisti-illustratori (da Fattori a Previati) sia in rapporto agli studi di storia dell'editoria che si vanno moltiplicando in questi anni. Dal suo ritrovamento emerge un panorama problematico, e tutt'altro che definitivamente circoscritto, in cui i meccanismi oliati dalla nascente imprenditoria del libro ruotano precisamente attorno al rapporto testo-immagine: fatto di prestiti reciproci, nutrito di contaminazioni fra realtà e fantasia, fondativo di un nuovo immaginario.
A cavallo tra Otto e Novecento, le illustrazioni rappresentano un campo di sperimentazione privilegiata dell'editoria popolare, periodica e libraria. L'interazione tra i due ambiti, spesso dettata dal convergere in un unico soggetto imprenditoriale, come nel caso esaminato di Sonzogno, funge da laboratorio di marketing. I periodici sono un facile incunabolo di strategie imprenditoriali ed evoluzioni percettive: a fine Ottocento, l'illustrazione di cronaca salda la trascrizione realista del fait divers con il gusto romanzesco per il trucido e il morboso; la fotografia, introdotta in Italia in quel giro d'anni, fornisce modelli e soggetti alle trancheistantanee di vivida coloritura; le sempre più vaste tirature forgiano un immaginario fosco.
La fascicolazione, il diffondersi di fogli volanti, la narrativa di appendice mutuano dalla stampa periodica strategie tipografiche (dal complicato, polisemico rapporto tra immagine e didascalia alla lucidità lenticolare delle composizioni), imprenditoriali (l'immagine usata come sintesi o anticipazione della storia narrata, come gioco a scacchi con le attese del lettore), di gusto (sfuma la linea divisoria tra fiaba e cronaca, come nel caso studiato da Bacci delle illustrazioni di Carlo Chiostri per Il cinematografo delle fate di Salani, programmaticamente scelto per la copertina del saggio). Il risultato, un cortocircuito visivo in cui, con diversa consapevolezza, fruitori di strati sociali differenti vengono imbrigliati in un nuovo, compatto orizzonte immaginario, viene documentato con acribia da archivista dall'autore, che affronta esempi inediti (Edoardo Perino editore, i "Librettini di storie antiche e moderne" di Salani), approfondisce meccanismi editoriali già analizzati da altri punti di vista (Nerbini, Sonzogno, Hoepli), documenta esemplari case studies (la narrativa consolatoria di Carolina Invernizio, le illustrazioni naturaliste di Arnaldo Ferraguti per Sull'oceano di De Amicis).
Invito erudito e arguto a un viaggio in territori archivistici inesplorati, il saggio di Bacci si inserisce in una tradizione di studi di storia dell'illustrazione che, dopo una serie di pubblicazioni rimaste insuperate coordinata da Paola Pallottino, si è arenata in rivoli descrittivi o aridamente monografici. Dalla fornita attrezzeria intellettuale dello studioso cogliamo la suggestione di incrociare perizia filologica e curiosità sociologica per affrontare un patrimonio figurativo "basso" che il nostro tempo addita come più che mai contemporaneo. Maria Cristina Maiocchi
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